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A CLASSIC HORROR STORY di Roberto De Feo e Paolo Strippoli

Regia: Roberto De Feo e Paolo Strippoli
Sceneggiatura: Roberto De Feo, Paolo Strippoli, Milo Tissone, David Bellini, Lucio Besana
Anno: 2021
Produzione: Italia

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Potrà il meta-horror odierno diventare a sua volta oggetto di elucubrazione e rimaneggiamento formale? Diventerà il genere più codificato e rimaneggiato alla fonte – dagli Scream a Quella casa nel bosco, passando per svariate parodie – qualcosa di ancora più preso come oggetto puramente cinematografico tanto da riuscire a far diventare formalista praticamente qualsiasi spettatore?

Il finale di A Classic Horror Story sembra fare un passo verso questa direzione, somigliando in parte a una morale e in parte a un meme e in ogni caso come cinica conclusione sulla fruizione stessa del cinema e degli horror. L’intero film converge verso ciò: da una prima metà stile 70s (si parte con un grezzissimo on the road) fino alla seconda, diametralmente opposta, ricalcata su Midsommar di Ari Aster e condita con dosi massicce di folklore nostrano ma mai ingombrante, anzi invitante nel suo essere spogliato di significati diversi da quello narrativo e quello cinematografico.

Il gioco di Roberto De Feo e Paolo Strippoli è puramente cinefilo ma non totalmente riuscito, perché il gioco meta- del concept rovina i passaggi più puri, quasi come fosse il film a volersi annullare nel suo svolgimento, sia nel suo essere puro spettacolo che nei risvolti dei suoi significati.

Ciò che rimane è un gran bel gioco con cui sarebbe da miopi non esser d’accordo, ma che rimane in testa più per queste trovate finali e per il suo essere nella sua seconda metà un ottimo copycat che per l’essere un film totalmente riuscito.

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