venezia 78

FREAKS OUT! di Gabriele Mainetti VS AMERICA LATINA dei Fratelli D’Innocenzo – Parte 1/2

freaks-out

Regia: Gabriele Mainetti
Nazionalità: Italia
Cast: Claudio Santamaria, Giorgio Tirabassi, Pietro Castellitto

Povera patria! E blablabla. Infilate qualsiasi preambolo accusatorio sul cinema italiano, o se preferite uno autoindulgente. Si andrà comunque a considerarlo un cinema minore, inadeguato, privo-di-ecosistema (o con un sistema-privo-di-eco), da trattare con determinate attenzioni speciali. Eppure, questi due sono film che trasudano libertà fino allo sfinimento. Una libertà che però ci arriva come combaciante con il non saper assolutamente che farsene. Sia Mainetti che i D’Innocenzo appaiono cineasti che, come laboratori raggiunta (troppo presto) la libertà della pensione, non sanno assolutamente utilizzarla. Sono spettatori che, davanti a una TV con decine di canali, scelgono di vedere Mediaset.

Ognuno col proprio palinsesto di riferimento, sia Freaks Out! che America Latina finiscono col pendere dalle labbra della propria Ammiraglia edulcorando una potenziale mistura di elementi d’interesse che stanno palesemente alla base delle due operazioni, piegando il tutto verso un canone che pare (auto)imposto.

Freaks Out! è il più platealmente contraddittorio tra i due: da un lato il suo concept di fondo fantasy-fumettistico che rimane allo stato di bozza, dall’altro un budget spropositato (e, pare, lievitato ulteriormente a causa dei ritardi dati dalla pandemia) che sembra svanire nella mancanza di idee ulteriori. E nel guardare al cinema americano (che di per sé non è un male) sembra assumerne in toto i connotati, arrivando ad essere quel tipo di film con una singola idea di base tradotta in decine di minuti sempre più vaghi e vacui, quel tipo di film che conta ancora sulla fascinazione dell’elemento base e che, forse troppo sicura del proprio iniziale, primordiale sforzo intellettivo, dimentica di far seguire ad esso lo sforzo fisico.

E così rimane una scia del concept (i freaks durante la Seconda Guerra Mondiale), un alone delle suggestioni (il discorso sulle diversità) e, soprattutto, uno schermo vuoto per quello che riguarda il millantato voto action. In Freaks Out! tanto è sul tavolo e quasi nulla è cucinato. ribadiamo: non cucinato a livello ideativo, ma cucinato a livello cinematografico, perché il primo problema del film è il montaggio. Come a seguire l’assurda idea per cui the longer the better, il minutaggio di Freaks Out! diventa cassa di risonanza del suo stesso smarrimento. Troppo preso a far sfoggio di elementi ridondanti di budget e far brillare al meglio i coriandoli dorati a forma di svastica, Mainetti perde presto il senso del tempo e del ritmo, come se in un frenesia in fase di riprese per cui sovrabbonda la quantità di inquadrature, di queste poi non ce ne fosse una veramente utilizzabile, una veramente girata con cuore e senno.

Difatti tra i primi minuti introduttivi e il guazzabuglio della seconda metà, si avverte un abisso, come se il film andasse con un (pessimo) pilota automatico, a fronte dei calibratissimi momenti iniziali, come se una volta messe nero su bianco le idee iniziali (che poche non sono), sul resto vigesse un “vabbè, poi vedremo”, con quel “poi” che non ga in tempo ad arrivare prima della fine del film: vorrei, posso, ma non lo faccio.

—> PARTE 2

Condividi

Articoli correlati

Tag