summertime sadness

SUMMERTIME SADNESS: Y TU MAMA TAMBIEN di Alfonso Cuarón

REGIA: Alfonso Cuarón
SCENEGGIATURA: Alfonso Cuarón, Carlos Cuarón
CAST: Gael García Bernal, Diego Luna, Maribel Verdú, Ana López Mercado, María Aura
NAZIONALITÀ: Messico
ANNO: 2001

GODDESS ON A HIGHWAY

«Ero in un altrove sconfinato nell’immobilità di un salto
ero davanti a me stessa e non mi guardavo».

Julio e Tenoch, due teenager messicani più o meno felici e contenti (non solo ma soprattutto) sessualmente, il che per quel momento è l’unica cosa che conta e importa, si dedicano ad appuntamenti masturbatori sul ciglio della piscina e a sguazzare in un pozzo di sbronze sballi e canne; piromani dei sensi, il (pos)sesso ne elegge la virilità. Ad un matrimonio rimorchiano una spagnola matura (oggi la definiremmo pre-milf), le promettono un’isola che non c’è e vi fanno rotta, lei per fuggire dall’invadenza della vita, loro per invaderla a più non posso.

Luisa mette in pausa la propria quotidianità di frustrazione e impotenza ed elargisce ai ragazzi un’indolente e inebriante educazione erotica, si fa sponda ammaliante, meta straniera e passaggio obbligato. Il viaggio è a scossoni, accidentato ed eccitato, prende svariate buche, di tradimenti e sfregi affettivi: come si dice, è l’età e Cuarón ne setaccia la dissipazione calda e il sentore cloroformico col fiato ansimante delle cose vere e vive, ingarbugliate su se stesse e su uno sviluppo quasi circoncentrico, per cui (rag)gira il vuoto e mischia momenti di stanchezza ciondolante a forsennati incontri di carni che spasimano e sbavano l’una nell’altra. Al contempo, disincanta la visione didascalizzandola per mezzo di una voce narrante fatta di bruschi silenzi e pillole informative, con la meccanicità amara di chi il bagno di realtà se l’è fatto fin troppo, e per lui l’umidità è ormai ristagnante.

La crudeltà dell’estate si ammutolisce in un orgasmo, Tenoch e Julio possono ancora permettersi di rifiutare sfrontati la ferocia dell’autoconsapevolezza, di sniffare grandi propositi per un futuro (ancora per poco) anteriore, di intavolare regole cameratesche create per essere infrante, così come l’adolescenza che esiste per essere sporcata e sbranata. Ma la trasgressione è una legge fuorviante, una caccia al desiderio che inizia quando si scopre di poterlo compiere, e l’onnipotenza bruciante rischia di polverizzare i legami.  E la destinazione non è l’obiettivo ma un pretesto, perché non si ha idea di dove ci si trovi né di come raggiungere un posto che non esiste (ancora), ci si accartoccia presto su un itinerario impacciato che si sublima nell’affanno di amplessi velati dall’inadeguatezza e dalla foga dell’accumulo, e nella resa di un’amicizia che si vorrebbe consumare a perdifiato.
Davvero ci siamo potuti sentire così, davvero non ci eravamo mai accorti dell’illusione delle promesse, e cosa accadrà quando ci schianteremo contro la realtà, contro il mostro dagli occhi verdi, contro la vera forma del dolore, contro la morte che si nascondeva in ogni anfratto?

Perché succede poi che il tempo si mangi tutto e lo risputi fuori in scarni pezzi che non significano più niente, vaghi frammenti di un tempo di un’estate dell’adolescenza, vera e propria epoca – eppure sono bastati un soffio di vento e uno sfogliare d’anni a spezzarla. E dire che allora si scorgeva l’immortalità nelle pieghe di una pelle liscia e sconosciuta, e si correva addosso al sole sentendosi invincibili.

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