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NERUDA di Pablo Larraín: Cinema rigenerante

neruda pablo larrain

REGIA: Pablo Larraín
SCENEGGIATURA: Guillermo Calderón
CAST: Gael García Bernal, Alfredo Castro, Luis Gnecco
PAESE: Argentina, Cile, Spagna, Francia

Prendete il vostro dio e ditegli di salvaguardare Pablo Larraín. Lui, i suoi film, il suo Cinema. Come nessun altro il regista cileno riesce a smembrare la fattura testa delle sue opere innalzando l’esperienza visiva a calderone spirituale. Le sue immagini, ancora una volta, appaiono come un sabba, una magia nera fatta di colori, movimenti, storia, personaggi, dinamiche inesauribili. Il Cinema di Larraín continua a rinascere, come dissepolto, rinato, rinascente; impressione incantevole e prodigiosa. C’è il gioco dello shock, quello dello della politica, quello della narrazione. C’è quello supremo dell’immagine sempre chimica, sempre linkata ad una forza maggiore, ad un’evocazione tanto diretta quanto prodigiosa. Meccanismi complessi ridotti a poche linee, forza iperbolica che mai come questa volta si fa godereccia di un sistema narrativo cannibalico di cinema e personaggi.

A pochi mesi dalle possibilità di rinnovare il nostro patrimonio visivo con El Club, con Neruda la pulsione cinetica di Larrìn approda alla commedia, al metacinetografico, al carrozzone cinematicamente gioioso capace di ribaltare aspettative e di distorcere la forma stessa che le compongono. Sprazzo storico inevitabile, portentosa deformazione/piega al suffragio formale e raccontante che gioca con colori virati, digitale scrauso, movimenti sciolti e disinvolti, in un appeal monumentale capace di riportarci alla matrice del Cinema, senza fare prigionieri: regia, sceneggiatura e personaggi che fuori-escono dai canoni narrativi vengono spellati e a noi serviti su un piatto digitale sul quale possiamo ammirarne, pezzo dopo pezzo, la natura più intima. Lezione di composizione e di come siano le immagini a determinare l’animo e non viceversa, sotto al patina divertita e ludica quella di Larraín è un’opera capace di sovrastare tutte le precedenti senza negarle. Se in El Club il dramma era in crescendo, qui galleggia a pezzi sopra una laguna fluida di immagini e sensazioni che solo apparentemente si allontanano dal centro del film, che non è ne quello storico né quello riplasmante, ma quello rigenerante dell’immaginario cinematografico.

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