Love will tear us apart – We die young: SID & NANCY di Alex Cox
REGIA: Alex Cox
SCENEGGIATURA: Alex Cox, Abbe Wool
CAST: Gary Oldman, Chloe Webb, David Hayman, Debby Bishop, Andrew Schofield
NAZIONALITÀ: UK/USA
ANNO: 1986
WE DIE YOUNG
“’Cause when the smack begins to flow
Then I really don’t care anymore
Ah, when that heroin is in my blood, hah
And that blood is in my head
Man thank God that I’m good as dead”
Heroin, Velvet Underground
Con tutta probabilità è per questo film che ci si ricorderà di Alex Cox: regista che più di chiunque altro può vantarsi dell’etichetta di “punk director”. La pellicola esordisce sul grande schermo durante i “festeggiamenti” per il decennale del movimento londinese e si pone fin da subito un nobile quanto originale scopo: ripulire l’immagine della coppia maledetta, e disintossicare l’icona Vicious (al secolo John Simon Ritchie) dalle stampe per magliette recanti la data di nascita e morte. Più che un’operazione cinematografica un atto d’amore spassionato, impresso su celluloide, che precipita a testa in giù in una spirale infernale fatta di autodistruzione romantica.
All’autore di Repo Man e Straight to Hell sembra non interessare più di tanto la parte relativa alla “parentesi” londinese del protagonista. Quest’ultima, relegata alla primissima parte dell’opera, viene risolta con fare semplicistico, sacrificio inevitabile per tratteggiare nel migliore dei modi il lato infantile e immaturo di un ragazzo di 21 anni, divenuto, suo malgrado, l’impersonificazione del motto “vivi veloce, muori giovane, lascia un bel cadavere”. Sid & Nancy nasce dove i Sex Pistols muoiono. Vicious è un corpo estraneo al gruppo: quando suona l’amplificatore resta spento (cosa che gli è capitata spesso nel corso la sua “carriera” reale), durante la celebre esibizione in “onore” della Regina abbandona i suoi per avvinghiarsi all’amata nel bagno del battello, mentre del tour americano rimangono solo i tagli sul corpo e il sangue che sgorga da essi.
Cox conosce a mena dito la materia con la quale ha a che fare, non cade mai nella facile trappola del vittimismo e raffigura i due per quello che sono: ragazzi cascati in un gioco più grande di loro, prodotti di un star system malato e goloso di scandali, poco più che teenager consapevolmente assuefatti ad una moda che, oltre alla divisa da ribelle, prevede l’ago in vena. Sid e Nancy sono fatti l’uno per l’altra, due metà tossiche che si incontrano per morire passo passo, dose dopo dose, illusione dopo illusione. Nessuno dei due aiuta l’altro, perché entrambi sono incapaci di fare del bene. Sono giovani (<<troppo>> come dirà Lydon in una battuta di Oscenità e Furore), ingenui e inconsapevoli di cosa rappresenti la vita; poco più di un clichè, esseri alienati che diventano la raffigurazione in carne, ossa e eroina del No Future.
Cinematograficamente parlando la pellicola non si discute. New York viene immortalata alla perfezione tra vicoli, strade, notti in taxi e camere del Chelsea Hotel; immagini che rivelano l’intento filosofico di Cox: quello di legare le due icone maledette al decadente contesto che sembrava ispirarle. Ovvero la grande mela dei Velvet Underground, di Richard Hell e del CBGB. Placenta protopunk sullo studio della quale si formò la Londra dei tardi ’70.
Almeno tre le sequenze mozzafiato: la passeggiata invisibile dei due una volta raggiunte le rive del Tamigi (sagome anonime che scorrono via nonostante intorno a loro stia scoppiando l’inferno), il bacio e l’abbraccio spontaneo nei pressi di un cassonetto mentre piove immondizia, l’esibizione di un superlativo Gary Oldman mentre rifà la cover di My Way conclusa sparando sul pubblico; naturalmente senza risparmiare la sua bella vestita di tutto punto, che si alza e lo raggiunge sulla scalinata mentre si spengono le luci. Momenti di grande cinema, che toccano il cuore di chi i Pistols li ha amati e ammalano l’animo dello spettatore che si avvicina alla visione vergine nei sentimenti e ignorante nelle orecchie. Sid & Nancy riassume in due figure tutto sommato marginali (Vicious, eccetto la semi blasfema Belsen Was a Gas, ha dato poco o nulla ai Sex Pistols gruppo; tanto che le linee di basso di Nevermind the bollocks vennero incise dal chitarrista Steve Jones con l’aiuto di Glen Matlock: primo bassista del complesso e principale compositore delle musiche), la morale nichilista propria dell’ideologia punk osservata attraverso la prospettiva, glam e autodistruttiva, insita nel movimento inglese. Come il fenomeno in sè, ecco la sua immagine/caricatura maggiormente popolare spegnersi nel giro di poco tempo.
Cox lo sa e lascia che il film si arresti sul suono di un boombox.
Cala il sipario, partono i titoli di coda. E’ tempo di lasciare spazio ad una nuova moda ed ad altri martiri.