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E ci siamo sdraiati vicini con i cuori arresi: ALLACCIATE LE CINTURE di Ferzan Ozpetek

allacciate le cinture (1)

REGIA: Ferzan Ozpetek
SCENEGGIATURA: Ferzan Ozpetek, Gianni Romoli
CAST: Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchitano, Carolina Crescentini
ANNO: 2013

Il cinema di Ozpetek incanta per quei primi piani sognanti e persi nel vuoto; dall’altra parte del quadro, l’amore (o meglio: l’innamorarsi, quel processo magnetico e ansioso fatto di stalking e corpi fluttuanti come fantasmi) o la visione di un futuro tanto desiderato e diventato realtà in un impercettibile flash forward che inizialmente sembra proiezione onirica. Il cinema di Ozpetek va amato per quei ectoplasmici piani-sequenza che, impalpabili, distorcono la retta temporale senza tagliare la scena, come se dalla mattina alla sera ci fosse la distanza di un battito di ciglio. Come Ferzan nessuno mai nell’attuale panorama italiano, capace di penetrare il grottesco nel melodramma, la soap opera nel virtuosismo più barocco, dipingendo cornici sempre cariche di suggestione, urlanti nel loro silenzio, come se l’autore fosse contemporaneamente esteta raffinato e parrucchiere pettegolo, piccolo lord e pescevendolo strillone.

Tutto questo è anche in Allacciate le cinture, che fin dai primissimi minuti, in quella scena sulla fermata dell’autobus, ci mostra la cura meticolosa del regista per la composizione dell’immagine, che altera contrapponendo la caotica babilonia della sequenza ad un elegantissimo ralenti sotto la pioggia. In Ozpetek convivono finezza e sboccatezza, proprio come il personaggio interpretato da Filippo Scicchitano, che, in caso non lo sapeste ancora, è il miglior attore italiano attualmente su piazza. Eppure Allacciate anche le cinture è anche il film più frammentato e incompleto del regista, di cui più abbondantemente si notano i difetti; a mancare è l’usuale compostezza a cui ci eravamo abituati così bene, ed è un attimo perdersi nei meandri di una sceneggiatura che nella sua apparente semplicità, presenta invece una vasta gamma di strade e spirali. Ozpetek le apre tutte ma non ne chiude nemmeno la metà, a cominciare da una galleria di personaggi di cui ci mostra le potenzialità per poi abbandonarle in vicoli ciechi simili al vuoto. La “zia” o l’inquilina della stanza d’ospedale, per non citare la migliore amica e il primo fidanzato; lo stesso personaggio interpretato da Scicchitano si riduce ad essere mera spalla senza una propria evoluzione o storia, ombra nascosta dalla protagonista Kasia Smutniak. Poi, imperdonabile errore è quello di dare il ruolo principale a Francesco Arca, ex tronista così privo di espressione da essere cavia ideale per l’effetto Kuleshov; difficile che le scene drammatiche non perdano di credibilità quando lui è presente in scena, e il minimo che Ozpetek dovesse fare è cercare d’inquadrarlo il meno possibile. Tuttavia, l’autore è ancora capace di sorprenderci con inaspettati squarci immersi nella più tenera malinconia, come quella trovata finale in moto che da sola vale più della maggior parte dei film italiani che vengono distribuiti. Nonostante il proliferare di pecche e carenze, Allacciate le cinture ha comunque delle cose così belle da meritarsi il nostro abbraccio. Vediamola così: se il regista fosse un musicista, questo sarebbe  un album con diverse canzoni brutte o inutili, ma che ha dalla sua almeno un paio di singoli composti talmente bene da entrare di diritto nella propria Greatest Hits. E Ozpetek rimane un autore da difendere a spada tratta, in quanto ultimo dei romantici.

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