JIMMY BOBO – BULLET TO THE HEAD di Walter Hill

REGIA: Walter Hill
SCENEGGIATURA: Alessandro Camon, Walter Hill
CAST: Sylvester Stallone, Sung Kang, Jason Momoa, Christian Slater
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2012
USCITA: 4 aprile 2013

NON SI ESCE VIVI DAGLI ANNI ’80

Walter Hill è regista esclusivo, onestà dell’artigianato divenuto autore attraverso il reiterare di una poetica impassibile, a sua volta al servizio di una forma cinema compatta e coesa: la stessa che da sempre rintraccia nel western la sua musa ispiratrice. Bullet to the head è a tutti gli effetti un film del suo autore, costruito come di consueto sulle dinamiche tra cacciatori e prede, sorta di elastico narrativo tra le tensioni del quale svetta un personaggio portante posto dinanzi a scelte di sopravvivenza; attorno a lui spazi e luoghi riconoscibili, uno su tutti New Orleans, Louisiana: terra nelle paludi della quale trovò ambientazione I guerrieri della palude silenziosa.

L’eredità cinematografica di Hill si riflette spontanea in Jimmy Bobo, una tradizione talmente pesante da suggerire come già sperimentati alcuni crossover testuali. E’ il caso della graphic novel di Alexis Nolent, quel Du plomb dans la tête che ispira Bullet to the head arrivando comunque tardi rispetto al linguaggio del fumetto, lo stesso di cui si nutrivano con fare indipendente I guerrieri della notte prima e Strade di fuoco poi. L’ultimo Hill è una rimpatriata cinefila tra vecchi amici, ideale buddy movie che aggiorna le precedentemente testate modalità di convivenza della “strana coppia”, con Sylvester Stallone e Sung Kang a non rappresentare altro se non l’evoluzione di quanto visto in 48 ore, Ancora 48 ore e Danko: interazioni più o meno coatte tra bianco e nero e tra americano e sovietico, che cedono idealmente il testimone alla collaborazione investigativa tra statunitense e orientale. L’unicità del cinema di Walter Hill risiede nell’impeccabile riproposizione di caratteristiche ad esso riconducibili, peculiarità di fatto inalterate, ciò nonostante incapaci di risultare prevedibili, standardizzate o peggio ancora semplicemente replicate, perché collaudati meccanismi del racconto per immagini pronti ad accogliere la proverbiale fisicità di un protagonista intento si a metterci del suo (le evidenti somiglianze con lo Stallone de La vendetta di Carter), eppure costretto a nutrirsi non della “letteratura” di John Rambo, bensì della tradizione lasciata dai corpi, scolpiti e violenti, del Charles Bronson de L’eroe della strada e dell’Arnold Schwarzenegger di Danko.

Ne consegue che Jimmy Bobo si qualifichi come operazione decisamente allergica e antitetica al semplice e nostalgico revaivalismo, di un altro pianeta rispetto a I mercenari, di tutt’altra pasta e consistenza – malgrado conservi una gustosa autoironia di fondo – se paragonato a L’ultima sfida di Kim Ji-Woon. Walter Hill si aggiorna, evolve, ritmando un montaggio tutt’ora figlio di Sam Peckinpah che in Bullet to the head asseconda come meglio non si potrebbe una regia forse più aggressiva del solito, eppure mai fuori giri: metronomo visivo perfettamente sincronizzato alla colonna sonora di Steve Mazzaro.

Jimmy Bobo non fa che confermare l’indiscutibile valore di una filmografia dove i passi falsi non arrivano a contarsi sulla dita di una mano, mentre le pietre miliari continuano a brillare di luce propria. L’ultimo Walter Hill è presente e passato, riscoperta improvvisa di un cinema sincero e genuino, nonché muscoli e cervello capaci di lavorare all’unisono: assistere a Bullet to the head dopo aver visto Undisputed equivale a mettere su quel vecchio disco per scoprire che si, 11 anni dopo suona ancora da Dio.

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