#3 - FINE DI UNA STAGIONE

FINE DI UNA STAGIONE: #3 IL CAVALIERE OSCURO – IL RITORNO di Christopher Nolan

REGIA: Christopher Nolan
SCENEGGIATURA: Christopher Nolan, Jonathan Nolan
CAST: Christian Bale, Anne Hathaway, Tom Hardy, Michael Caine, Gary Oldman
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2012
TITOLO ORIGINALE: The Dark Knight Rises

RAGE AGAINST THE MACHINE: LA MARCIA SU GOTHAM – «HEY! HEY! SLEEP NOW IN THE FIRE!»

«Non ero nessuno prima di indossare la maschera». Gran parte del significato di The Dark Knight Rises è racchiuso nella “confessione” di Bane. Batman è un vigilante notturno, non un eroe dotato di superpoteri. Un emarginato luttuoso, dal rimuginare amletico, un uomo che si batte contro i suoi simili. Non fosse per le origini DC troverebbe, assieme ad altri comuni mortali “semplicemente” mascherati, il suo habitat naturale nella squadra di Watchmen. Aver individuato e perseguito tale nemesi (anti)eroistica, combacia con il principale merito di Christopher Nolan fin dai tempi di Begins, sfumatura questa, divenuta pietra tombale in The Dark Knight, appena prima di elevarsi a potenza portante ne Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno.

Quel che resta di Wayne/Batman è un rottame “milleriano”: ammaccato nel fisico, rotto dentro, nell’animo. Paragonato ad Howard Hughes quando indossa le sue vesti diurne, detestato dall’opinione pubblica nel ricordo del suo travestimento notturno. Un reietto in fuga, confinato nel cono d’ombra della vergogna, condannato (d)a una sofferenza eterna che ce lo riconsegna zoppo e sfatto ad 8 anni di distanza dalla menzognera glorificazione di Harvey Dent. Non un numero qualunque: basta ruotarlo in orizzontale per ottenere il segno dell’infinito, ovvero la durata della personale pena che Wayne/Batman è costretto a scontare.

In un contesto così tormentato, fallace, umano e addolorato, Nolan allestisce un futuro che è già presente, costruito sull’inganno: humus ideale per una pellicola che fa dell’andamento social-politico post 11 settembre il suo nettare dissetante. Le luride fondamenta di Gotham crollano dinanzi al golpista Bane, flagello azionato da un controllo remoto intenzionato a ripulire questa Sin City dal peccato originale. The dark Knight Rises non fa prigionieri ideologici, carica a testa bassa, penetrando in uno dei tanti tempi del denaro come il Michael Moore di Sleep Now in the Fire, colpisce al cuore l’America tutta radendo al suolo una partita di football, infine riduce la città del peccato alla stregua di una Manhattan simil 1997 Fuga da New York; sulla quale incombe il sinistro presagio di una nevicata che tanto sa di prossimo inverno nucleare. La rivoluzione dabbasso solo immaginata da George A. Romero è realtà: «sta per arrivare una tempesta» – e tornado fu. Poliziotti come topi di fogna, ricchi giustiziati sommariamente, mezzi militari per le strade deserte, case occupate da squatter violenti: «Hey! Hey! Sleep now in the fire!». Il caos inseguito da Joker viene ideologicamente stravolto e riorganizzato ad uso e consumo del dittatore telecomandato Bane.

Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno possiede (quasi) tutto, persino la momentanea realizzazione distopica di una monarchia all’esplosivo, ma è strutturalmente orfano dell’ingrediente nemmeno tanto segreto che continua a rendere inarrivabile The Dark Knight: l’uno contro uno, il buono in lotta con il cattivo, il vicendevole prendersi e cedere la scena tra protagonista e antagonista che caratterizzò il duello Batman vs Joker. The Dark Knight Rises è un meraviglioso gigante, rallentato nel passo dall’eccesso di maschere presenti sulla scena: Batman, Catwoman, Bane. Per dirne (solo) tre. Troppa carne al fuoco, prelibatezza che Nolan somministra con abilità, senza mai smarrirsi, ma rinunciando in partenza alla geometrica coesione del capitolo precedente. Un male necessario.

A ben guardarlo Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno si nasconde nelle tasche interne dei suoi travestimenti, dietro le freddure britanniche dei suoi dialoghi pungenti, semplicemente perché il punto è un altro: l’uomo, il mortale, è al centro di tutto e con lui i suoi sentimenti terreni, i suoi sogni, le sue ossessioni di una vita. Va da sé quindi, che il vero eroe di Gotham resta il commissario Gordon, in trincea su quelle strade da prima che Wayne/Batman nascesse, addirittura colui che contribuì a crearlo con un semplice e affettuoso gesto. Ne consegue poi, che il vero redde rationem non sia quello finale, inscenato tra il triangolo in maschera poc’anzi elencato, bensì quello che scaglia, in una furiosa rissa urbana, rivoltosi contro liberati poliziotti: nuovi persiani e spartani vogliosi di affrontarsi in puro stile 300. Non è un caso infine, che il meccanismo della pellicola raggiunga la sua soluzione narrativa grazie al contributo di Marion Cotillard e Joseph Gordon-Levitt, già con Nolan in Inception e qui (nuovamente) portatori sani di due sogni: rispettivamente l’agognata vendetta e il desiderio di giustizia, a patto che sia simbolica e senza macchia alcuna.

Christopher Nolan mette la parola fine alla sua trilogia nel migliore dei modi, confezionando un ultimo atto capace di celare l’essenza di Begins sotto il vestito tecnico di The Dark Knight, chiudendo cerchi narrativi al fine di aprirne altri. Eredità per chi verrà. A Nolan sfugge solo il miracolo, l’impossibile: fare dell’episodio terzo qualcosa di addirittura superiore rispetto all’opera precedente; nonostante ciò Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno resta patrimonio tanto caleidoscopico quanto prezioso, che sta al trittico di Nolan come Spider-Man 3 a quello di Raimi

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