roma 2018 / in sala

HALLOWEEN di David Gordon Green: Pop fucile e pop corn

halloween2018

Regia: David Gordon Green
Sceneggiatura: David Gordon Green, Danny McBride, Jeff Fradley
Cast: Jamie Lee Curtis, Haluk Bilginer, Laurie Strode, Nick Castle
Anno: 2018
Produzione: USA

Visto praticamente back-to-back con l’originale del 1978, quello di David Gordon Green appare come il migliore degli Halloween oggi possibili. In un periodo di horror e thriller dediti a prendersi troppo sul serio con le loro atmosfere plumbee e le loro regie gelide (The VVitch), sovraccaricati di messaggi sociali, per quanto purtroppo necessari, esili ed elementari (Scappa – Get Out), o, in altri casi, più vicini a uno spettacolo di marionette (The Nun), o ancora, dediti alla parodia (The Final Girls) o al disonestissimo finto B-movie (Revenge), Halloween 2018 fa tabula rasa, riavvolge il nastro almeno fino a Scream e ci disinfetta dalle derive odierne, nonché dagli avvenimenti dei vari sequel che il film di John Carpenter già aveva visto.

A partire da un incipit in cui sembra di essere di fronte a un ennesimo remake/reboot/re-qualcosa horror degli Anni Dieci, ossia una cerebralizzazione dal respiro lento e subito stanco (due giornalisti provano ad intervistare un Michael Mayers ultrasessantenne ancora internato), gradualmente ci ritroviamo nel film che gli autori volevano fare: la scelta di un primo quarto d’ora molto canonico (di quelli che “piacciono così al pubblico”) si rivela una giusta, perché riesce ad esaltare il gioco narrativo che segue. Anzi: i giochi, perché se Halloween 2018 ha ben chiaro cosa non fare, mostra meno polso nel focalizzarsi su un mood univoco, in una piccola costruzione multiforme per la quale possiamo sfoderare due classici modi di dire: “troppa carne al fuoco” e “pastiche postmoderno”.

Il suo punto di forza è che riesce a farlo senza sbavare troppo, senza abbandonare il concept del film, per quanto il plot presenti troppi risolti, esplorando in modo abbozzato diverse possibilità, salvo poi tornare al flusso principale (il twist riguardante un personaggio e il confronto finale, che anzi, a quanto pare, in una versione preliminare era ancor più sbrigativo), il tutto con un metodo e uno stile da fan consapevole, rispettoso quanto aggiornato e con idee platealmente ed orgogliosamente figlie di un immaginario piuttosto che di una supponenza autoriale come invece fece Rob Zombie.

Halloween gioca con le citazioni omaggianti (Green dimostra di saper gestire una soggettiva meglio di quanto abbia saputo gestire interi film in passato) e con le easter eggs, con l’approccio meta alla Craven/Williamson e con le punch line, con la violenza slasher (ben lontana dalla pornografia del dolore odierna) e con il cadenzare pop, in un film combattivo e mai pseudocontemplativo, dinamico e senza momenti da salotto intellettuale, calibrando arguzia e caciara.

In un mondo post-troppecose in cui la maggior parte degli autori di genere sembrano dividersi in due gruppi (quello che di cinque cose dette da Tarantino ne ha sentite tre e ne ha capite due, e quello che per partito preso lo rifiuta in toto), Halloween è acqua fresca, con il suo mettere al primo posto il cinema, i suoi meccanismi e le mitologie, senza la pretesa di nessun scavalcamento del materiale originale.

Ringraziamo Danny McBride per aver smesso di essere un semplice comedian (alcune battute del film sembrano proprio pronunciate da lui e la sua presenza sullo schermo non avrebbe guastato) e David Gordon Green per aver dimostrato, una volta tanto, che il credito datogli fino ad oggi ha motivo di esistere.

Condividi

Articoli correlati

Tag