fine di una stagione

Una stagione dispersa (in sala) pt2: novembre 2014

sils maria adiueu au langage frank

Come se con una pillola si potessero risolvere i problemi, ecco l’affilottamento stagionale senza premura, senza ordine al di fuori di quello cronologico o cardine, di titoli distribuiti, del quale terremo almeno qui l’appunto essenziale. Come un requiem, per non molti morti, qualche lampo dalle infinite liste, il ricordo di un innamoramento. Anche se chissà quanti altri sono andati perduti, è qualcosa.

Qui la prima parte del catalogo


Novembre 2014

 

Matthew McConaughey

Interstellar di Christopher Nolan: «U nuovo tassello di un discorso autoriale, che parte già dagli albori di Following, passando per Memento Inception. Quello del relativismo del tempo, della decostruzione delle cronologie narrative, della non linearità e dell’intersecazione dei piani del racconto. Se finora per questo risultato adottava meccanismi onirici, sogni, ricordi, flashback rimescolati, qui siamo in un contesto oggettivo che si fonda sulla teoria della relatività di Einstein». Dalla recensione di Giampiero Raganelli.

Michael Fassbender as Frank Sidebottom in 'Frank'

Frank di Lenny Abrahamson: « Lo sguardo di Abrahamson non è assoluto e non è giudicante, i mondi indagati sono quelli della fantasia e della realtà, dell’ispirazione e dell’aridità, dell’invisibile e del tangibile, ma anche della malattia e della sanità, della follia e della normalità, e sono mondi che non si escludono a vicenda (nessuno è meglio dell’altro) ma che comunicano e si contaminano». Dalla recensione di Arianna Mereu.

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Lo sciacallo – Nightcrawler di Dan Gilroy: «Nel mondo di oggi, anche nelle posizioni che contano e non solo nell’implacabile macchina tritatutto che è il web, sono in parecchi ad agire così. Una prassi della quale Nightcrawler, attraverso una meravigliosa e tutt’altro che desueta confezione di genere, ci mostra tutte le conseguenze ineluttabili, complice anche un’ultima parte di grande potenza che fa venire tutti i nodi al pettine ma allo stesso tempo lascia il destino della vicenda e del suo protagonista appesi a un filo». Dalla recensione di Davide Stanzione.

sils maria

Sils Maria di Olivier Assayas: Juliette Binoche,  Kristen Stewart, un serpente bianco che galleggia tra le montagne. Sogno di realtà trasmutata, evaporata, resa semitrasparente nel crocevia di passato, presente e futuro. Dialogo femminile a sua volta senza catene, senza dimensione: l’identificazione si stempera nelle parole, tutto diventa una sospensione a pochi centimetri dalla realtà, fuori fuoco per pochi millimetri. Assayas avvolgente come poche altre volte, per minuti smembrante di pensieri e desideri e ricordi, rimbalza male nelel note finali e ci rilancia a scorgere il monumentale della natura sulla conclusione; ma fin lì un’ubriacatura leggera che vorremmo si sostituisse a qualsiasi esperienza.

adieu au langage addio al linguaggio

Adieu au langage – Addio al linguaggio di Jean-Luc Godard: l’integrità del fanciullismo di JLG non cede all’età. I giochi, la scoperta, il tramortire l’immagine come scarabocchiandola. Il lanciare pezzi di viaggio e personaggi nella macchina stringente del voler far franare quel che era la componente statica di un Cinema del passato (prima di tutto tecnica). Vetero-futurista in perenne maschera di metà Novecento. Lo stesso film, il film stesso: meccanismi già veduti ed inesorabilmente non replicabili se non dallo stesso JLG, incastrato nel suo tempo (che fu), capace di spaccare anche questo presente, talvolta (con Film socialisme non gli era riuscito). Immancabile, insostituibile, irraggiungibile, nel bene e nel male, una vecchia ghiandola d’insurrezione che ancora riesce a superare, a disprezzare, a smascherare.

due giorni una notte

Due giorni, una notte di Jean-Pierre e Luc Dardenne: «È prezioso, come ogni volta, l’operato di questi due registi così fuori dalle pratiche odierne, così meravigliosamente risoluti nel percorrere una strada tutta personale, indefessa, a scavare e trovare e guardare in faccia quelle ombre di umanità di cui spesso e volentieri ci scordiamo, li rende protagonisti, li nobilita, ce li adagia sulla pelle con un afflusso di verità fendente e implacabile». Dalla recensione di Fiaba Di Martino.

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