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VENOM di Ruben Fleischer: Il cinecomic e il modernariato

venom

Regia: Ruben Fleischer
Sceneggiatura: Jeff Pinkner, Scott Rosenberg, Kelly Marcel, Will Beall
Cast: Tom Hardy, Michelle Williams, Riz Ahmed
Anno: 2018
Produzione: USA

Nella fever pseudoanalitica di commenti, figlia ancor più bastarda di quella fiera già bastarda di suo che è l’hype, il giudizio trasversale e condiviso su Venom può essere riassunto in una sola parola: antiquato.

Beh, meglio un film antiquato, che un altro esemplare di frammenti narrativi annacquati che ci ritroviamo davanti ogni due, tre mesi. 

Preferiamo trovare ristoro in un film timido come questo che in un altro cinecomic seriale in cui «beh, almeno stavolta». Così come i più sembravano essersi dimenticati di Blade mentre guardavano Black Panther, bloccati in quella bolla svilente che è l’MCU, nella Kwangmyong disneyana, anche i più illuminati paiono ormai irretiti nel captare, capire, apprezzare, valutare un semplice blockbuster.

Discepoli di una cattiva educazione, di un genere nato morto in cui predomina la “roba” accanto a pecore nere (anzi grigie) come Deadpool, sparuti momenti di emancipazione come Logan (film che vivono ai margini di questo Sistema, ed in ciò lo riconoscono) e fallite utopie già fuori zona come il Tin Tin di Spielberg, in cui i momenti più estremi hanno più di dieci anni e sono anzi antecedenti a tutto (l’Hulk di Ang Lee, Sin City di Rodriguez, il primo Batman di Nolan, Watchmen di Zack Snyder), anche senza andare a scomodare esempi già più storici.

Una “stagione cinematografica” già troppo lunga, che ci fa pensare a quanto i ben più corti periodi di predominanza dei generi (lo spaghetti western, il thriller all’italiana e così via) appartenessero a un cinema a suo modo ancora in fasce e beffardo, e che senza accorgesene s’è ritrovato in coma farmacologico. Anche perché lì c’era spazio per tutti, qui no.

Qui vige la grazia del PG-13, del politicamente corretto, della CGI educata. Predominano l’ordine e la semplificazione. E sembra vada bene a tutti. Ai tempi, con i blockbuster si finanziavano i film più “difficili”, ora no.

Si diceva, Venom è un film timido. Anche datato, sì. Anche tecnicamente lacunoso. E la logica del «è solo il primo, il secondo spingerà di più» è sfiancante quanto per le serie tv «la prima stagione meh, aspetto la seconda», agghiacciante come un «sono appena saliti al governo, facciamoli lavorare», perché la circonvenzione è già stata messa in atto.

Continuiamo a brancolare nel buio, ma almeno su questo rassicurante e consolatorio guanciale retrò.

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