SIN CITY di Robert Rodriguez

REGIA: Robert Rodriguez, Frank Miller
CAST: Bruce Willis, Mickey Rourke, Jessica Alba
SCENEGGIATURA: Robert Rodriguez, Frank Miller

PULP E NOIR – IL FLIRT CONTINUA…

Sin City non è un allettante fumetto black&white portato sullo schermo da una coppia di sprovveduti.
Sin City è l’esempio di un’America che, in questo nuovo millennio, fa un passo avanti con la testa rivolta all’indietro.
Sin City è un fenomeno molto più grande di quello che può sembrare al primo impatto.
Sin City è il cinema che sfrutta a pieno le sue nuove tecnologie per dar finalmente vita a quello, che per molti anni, è rimasto solo sottinteso in molto cinema americano: l’armonico connubio tra Pulp Art e Noir.
Mi sto buttando in affermazioni sicuramente molto avventate…per le quali non mancherò di essere lapidato da molti, ma davvero questa è stata la mia prima impressione alla visione del film e proverò ad argomentare meglio.
La storia del pulp non nasce con Tarantino e il suo Pulp Fiction, ancora una volta il regista onnivoro non ha fatto altro che succhiare avidamente nettare dal cinema da lui preferito rigurgitandolo in un film che rende omaggio ai cento anni di corteggiamento tra Pulp e cinema, e lo ha fatto in maniera sublime grazie alla sua innata padronanza del mezzo cinematografico.
Tarantino con Pulp fiction ha dato un senso al non-sense, ha immortalato la progressiva perdita di senso della società americana allora contemporanea: gli anti-eroi che uccidono per sbaglio acquistano di colpo il senso di una vita che ha perso ogni punto di riferimento e acquistata una falsa morale. Ma il Pulp non è genere ma meta-genere e ha le sue radici ancorate agl’inizi del secolo.
Il Pulp nasce a cavallo tra ‘800 e ‘900 con le Dime Novels e poco dopo con i Pulp Magazines, pochi fogli di carta grossolana, ruvida e sporca, venduti a bassissimo prezzo che offrivano al loro pubblico (per lo più operai assetati di distrazione) nient’altro che racconti popolari, divertimento economico.
In sé queste rozze pubblicazioni, denigrate dalla critica colta, contenevano il germe di una cultura che si stava pian piano allargando facendosi popolare e, forse per questo, pericolosa. 
Il successo cresceva in maniera esponenziale e il cocktail sembrava perfetto: amore, avventura mistero e, soprattutto, trasgressione. 
Questa non è una formula fredda e univoca ma saprà adattarsi alle esigenze del pubblico e soprattutto andrà sempre a braccetto con l’evolvere della società nella quale si impone prima di tutto come oggetto di evasione (proprio come il cinema di Tarantino) e poi come riflesso delle sue preoccupazioni, incertezze, contraddizioni magari esorcizzandole (attraverso un humor nero ad esempio).
Non è un caso che il rapporto tra pulp e cinema sia di amore a prima vista, non mi dilungherò inutilmente sulla questione ma basta rendersi conto che ilsensazionalismo e le storie dei Pulp Magazine daranno vita ai serial che accompagnavano la proiezione dei film “colti” nel muto e saranno, dopo l’avvento del sonoro, linfa vitale per gran parte dei B-Movies anni 30-40.
Quello che è più interessante, tornando in ottica Sin City, è il passaggio di testimone a cui si assiste alla fine degl’anni 40 quando i Pulp Magazine sono costretti a chiudere causa l’esplosione dei più attraenti e “tascabili” comic book e paperback book. L’eredità degl’antieroi Pulp è nelle mani di supereroi come Superman e Batman.
Il Pulp con i suoi mondi eccitanti fatti di trasgressioni e fantasticherie proibite non muore ma si trasferisce “su altri formati”, diventa un meta-genere che sporca vita, cultura e arte americana. S’insidia sotto ogni piega del cinema sottolineando il più delle volte il carattere onirico e fantastico delle immagini cinematografiche e sfociando poco a poco nel comico/deprimente. 
Altro passo fondamentale, e penso ancora a Sin City, è il legame tra cinema Noir e cultura Pulp. Il Pulp riflette in effetti gran parte delle preoccupazioni stilistiche e culturali dalle quali emerge il film noir, e contiene in sé elementi come mistero, crimine, passione, incertezza. Il Noir sembra appropriarsi quindi dell’identità del pulp, oltre che di buona parte delle sue storie, per costruire la propria.
Da questa miscela di pulp e noir classico nasce questa città del peccato, dove la violenza, la passione, la corruzione, amore e tradimento s’intrecciano e prendono vita sotto una forma che è insieme novità e dejà vu. 
La tecnologia, il croma key, e il digitale permettono al cinema di riappropriarsi dei vecchi contenuti sotto una forma che è contemporaneamente vecchia (si rifà ad un celebre albo di fumetti che richiama l’atmosfera di un neo-noir) e nuova ( perché mai vista prima sul grande schermo e, quindi, assolutamente stimolante).
Sin city è un neo-pulp o neo-noir, impossibile individuare un termine preciso; i temi del primo si mescolano alle atmosfere del secondo (come d’altra parte accadde in passato). Ritroviamo le vene di disagio e angoscia, l’ambiguità psicologica che non permette una netta separazione tra giusto e ingiusto, erotismo ed ossessione diorigine sessuale, obliquità e, difficile a dirsi, amore.
Ecco che la città del peccato pullula di donne intelligenti, potenti seducenti, seduttrici e soprattutto pericolose! Le donne sono il cuore pulsante di tutte e tre le storie narrate in Sin City , che siano dark lady, femme fatale, prostitute o poco più che adolescenti. 
Sin city non risente mai della staticità o bidimensionalità del fumetto, e già questo fattore lo allontana dalla critica che sembra oggi andare per la maggiore: “Sin city è il fumetto di Frank Miller e poco ha a che spartire con il cinema di Rodriguez”. 
Io invece non posso che stare dalla parte del texano (che non mi stimolava più dai tempi de Dal tramonto all’alba) e sostenere che non c’era forse regista migliore per dirigere la pellicola.
Uno spirito vicino al Pulp tarantiniano fatto di violenza riletta con distacco ironico e visceralità, regista folle votato all’azione, alla bastardata, ma tanto intelligente da lasciar spazio alla profonda identità Noir del fumetto.
Sin City è da vedere tutto d’un fiato, da gustare con tutti i suoi contrasti e spruzzate di colore, non come nuova tendenza ma come ritorno al passato in grande stile, come si “bevevano” in America agli inizi del secolo quei vecchi Pulp Magazines da pochi centesimi.

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