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C’è del marcio a Charming: SONS OF ANARCHY (parte 2)

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APE REGINA 

Il diavolo ha il potere di comparire agli uomini in forme seducenti e ingannatorie
(Amleto: Atto II, Scena II) 

Sons of Anarchy tratteggia un microcosmo maschile, oppresso da virilità è violenza. Ciò nonostante sono le figure femminili ad avere maggior peso in questo sottobosco, connesse come sono alla realtà che abitano attraverso la drammaticità nella quale versano le relazioni affettive di cui si fanno carico. Pur trascurando buona parte delle riletture femministe riconducibili all’Amleto, Kurt Sutter trasforma, episodio dopo episodio, la sua creatura; che sottopelle si divincola dalle apparenze di maschio alfa per farsi donna con le unghie. Il vertice indiscusso della piramide in rosa è rappresentato da Katey Sagal, alias Gemma Teller Morrow: la Gertrude di Sutter, madre di Jackson Teller finanche figura di riferimento per l’intero club dei Sons of Anarchy; regina prima al fianco del defunto fondatore John Teller e successivamente sposa in seconde nozze dell’attuale capo banda, Clay Morrow. Gemma Teller Morrow rappresenta per i Sons of Anarchy quello che la Joan Holloway di Christina Hendricks raffigura per i pubblicitari di Mad Men: l’immagine materna, la donna (vera) in un mondo di uomini, la confidente grazie alla quale risolvere i problemi interni: madre, contabile del club e non solo, Gemma Teller Morrow è l’anima nera di Charming, la custode dei suoi segreti di sangue. A conti fatti il personaggio più affascinante dell’intera serie, perché costruito con una cura e un’ambiguità sospesa tra il diabolico e il protettivo, il senso di responsabilità e la mancanza di scrupoli. Madre possessiva, “old lady” crudele, nonna dal cuore d’oro: Gemma Teller Morrow è l’ossimoro sentimentale che diventa calamita mefistofelica, tanto per gli uomini che le gravitano attorno (non a caso il più delle volte senza famiglia o con matrimoni in frantumi alle spalle) quanto, sopratutto, per le (altre) donne. Chi incrocia la sua strada legandosi ad un esponente del club non può fare a meno di convivere con lei, trovando protezione ma anche un senso di tragedia imminente.

Non esiste donna in SOA che non abbia passato o che non attraverserà le porte dell’inferno, come non è pervenuta una figura femminile incapace di scontrarsi e subito dopo allearsi con Gemma: vale per Donna, moglie di Opie, vale per Tara -unico grande amore di Jax Teller- contrastata, introdotta, educata, attaccata, difesa, respinta, cercata, spiata e sfidata da Gemma; che nelle figure femminili che si alternano sulla scena sembra individuare un costante attacco alla sua leadership, timore gonfiato nel momento in cui nelle grazie dell’amato figlio inizia a rientrare Tara: l’unica in possesso di un potenziale caratteriale utile a tenerle testa. L’evoluzione del personaggio di Tara, che dal club prova costantemente a prendere le distanze salvo precipitarvi con tutte le scarpe, è funzionale tanto alla definizione di Gemma nei panni dell’ape regina quanto all’irrobustirsi della struttura mitologica che contribuisce a sostenere Sons of Anarchy; che dall’iniziale omaggio all’Amleto sviluppa prima un sospetto complesso edipico mosso dal desiderio di fredda vendetta, per poi evolversi in una presumibile sindrome di Giocasta incentrata non tanto nella violenza fisica diretta, quanto nella trasversalità di atti e azioni prossimi all’abuso psicologico le cui origini vanno individuate in un’esasperazione di sentimenti quali possesso e controllo mascherati da affetto: sincero si, ma non per questo privo di malattia.

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CREDI NELLA FAMIGLIA, PROTEGGI IL CLUB

Dubita che le stelle siano fuoco,
dubita che il sole si muova,
dubita che la verità sia mentitrice
ma non dubitare mai del mio amore”
(Amleto: Atto II, Scena II) 

Esemplificazione e stereotipo vogliono, che buona parte della letteratura cinematografica e televisiva americana verta attorno a metafore che si ripetono: immagine della famiglia e bisogno di proteggerla dall’esterno appartengono a questa macrocategoria. Sons of Anarchy non fa eccezione, tanto che l’infinito ricorrente volto a giustificare le gesta, anche le più basse e colpevoli, dei bikers di Charming è proteggere. Lo stesso Kurt Sutter non è nuovo a giostrarvi, se per famiglia -che in Sons of Anarchy è comunque sacra e prioritaria- si estende il concetto oltre a quella di sangue e lo si allarga anche al gruppo reale e quotidiano con cui si interagisce fuori dal focolare domestico; ecco che la squadra anti gang di The Shield e il club di fuorilegge di Sons of Anarchy finiscono irrimediabilmente per assomigliarsi a causa degli atteggiamenti dei loro esponenti. Entrambe le serie galleggiano sul limite della legalità e contemporaneamente ostentano scelte finalizzate alla protezione del gruppo che inesorabilmente finisce per essere violato dall’interno, quando va bene; addirittura danneggiato o utilizzato per egoistici scopi personali quando va male. Fratelli che tradiscono altri fratelli, madri che mentono ai propri figli in nome di un bene superiore: il club, la famiglia. Accettali, comprendili, adattati e infine proteggili.Charming non offre vie di fuga, vivi non se ne esce: lo sa Tara, lo capirà Jax.

Storia per maschi arbitrata da donne, si diceva poco fa. Ecco: quel confine che dovrebbe essere vietato oltrepassare e che invece in Sons of Anarchy diviene terra di mezzo con permesso di transito è rappresentato ancora una volta da una donna, l’agente Stahl. Forse il personaggio, per quanto secondario possa essere considerato nell’economia generale della serie, che più di tutti si avvicina a raccogliere l’eredità del Vic Mackey di Famington. E se in The Shield a varcare il limite del consentito erano esponenti della legge, Sons of Anarchy non risparmia di certo l’enfasi di un’empatia che rapporta lo spettatore con dei fuorilegge dall’esecuzione facile, esaltando così la concezione di sceneggiatura secondo Sutter: che dà il meglio delle sue capacità nell’allestimento di un machiavellico meccanismo, dove l’illusione del fine sembra giustificare sempre e comunque il mezzo illecito; lo stesso che conduce il personaggio di turno verso un tragico punto di non ritorno, imprigionandolo di fatto nelle maglie di uno script a tenaglia, senza concedergli via di fuga alcuna.

Il club di Sons of Anarchy si basa su sentimenti di fratellanza e reciproca copertura di spalle che lo avvicinano non poco ad una allargata famiglia di fatto: come tale pregna di segreti, bugie, non detti e realtà mistificata talmente radicata da costituirne il vero, invisibile nemico. E’ in questo incontro tra lealtà cameratistica e verità contraffatta destinata a venire a galla che permette a Kurt Sutter di rafforzare il sotterraneo richiamo all’Amleto: da una parte la corte di Charming, malavitosa e sovrana, dall’altra la famiglia Teller-Morrow; realtà indissolubilmente legate tra loro e rese ancor più concentriche dalla contemporanea presenza e posizionamento in zone narrativamente nevralgiche di Gemma/Gertrude, Clay/Caludio e Jackson/Amleto. Inevitabile quindi, che il senso di tragedia si allarghi sfruttando la macchia d’olio concessa dalla trama orizzontale, mentre il clima di violenza e di sangue continui a tenere tutti sull’attenti grazie al susseguirsi dei vari racconti verticali.

L’Amleto certo, ma anche la tragedia greca che è consequenzialità, diretta e autoriale, di The Shield e che in Sons of Anarchy prepotentemente ritorna, accompagnando la consegna del testimone che vuol dire ultima e conclusiva stagione con il sospetto che da William Shakespeare all’Euripide di Elettra il passo sia davvero breve.
Tutto o quasi infatti, si esaurisce nel quadrilatero drammatico padre-madre-figlio-patrigno.
A pensarci bene è la storia più vecchia del mondo.

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