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RUGGINE E CERVO, INDAGATORI NELL’INCUBO: TRUE DETECTIVE

CREATA DA: Nic Pizzolatto
CAST: Matthew McConaughey, Woody Harrelson, Michelle Monaghan, Alexandra Daddario
NAZIONALITÀ: USA
STATO DELLA SERIE: rinnovata/in corso

true detective (1)

FILE 1: LA MENTE

Et in Arcadia ego
(Guercino, Olio su tela) 

«Hemingway una volta ha detto:
il mondo è un bel posto e vale la pena di lottare per esso.
Condivido la seconda parte ».
(Seven, David Fincher)

HBO sta per qualità, la sigla capace di riscrivere regole e aspettative del racconto seriale. OZ, Deadwood, I Soprano e The Wire hanno trasportato la messa in scena cinematografica all’interno della cornice televisiva, assottigliando la membrana che separava il piccolo dal grande schermo.
Nonostante ciò, un’opera dello spessore di True Detective non si era mai vista. Nemmeno dalle parti della serie A. Nemmeno in casa HBO.
Nic Pizzolatto ha creato la serie definitiva, il vanishing point del piccolo schermo: il point break dell’intrattenimento televisivo dal quale sarà difficile, se non impossibile, prescindere o fare ritorno sani e… salvi.
Tra gli scorci della natia Lousiana, Pizzolatto individua l’archivolto ideale per incastonarvi un metapoliziesco dalla scrittura folgorante: True Detective si lascia attraversare da schegge di Twin Peaks e rimandi primo-fincheriani; arbitrata dalle regole del flashback, logisticamente divisa tra spazi fisici e filosofici, all’oppressione lacustre e paludosa delle location – abbandonate al caldo torrido e ai morsi di zanzara sulla pelle sudata – la serie alterna le potenzialità metaforiche insite nell’ambientazione: non luoghi spirituali all’interno dei quali è possibile smarrirsi per sempre.
Nic Pizzolatto è la mente di True Detective, ma non meno prezioso (e decisivo) risulta il contributo offerto in fase di regia da Cary Fukunaga; cineasta attratto dagli spazi infiniti e assolati fin dai tempi di Sin Nombre: suo esordio dietro la macchina da presa. La sinergia che dal primo episodio si instaura tra i due trasforma la prima stagione in un affresco in movimento, dove il susseguirsi d’immagini – più che il cinema – richiama alla memoria la pittura classica e religiosa; pregni come sono di codici, segni e simboli criptati i fotogrammi che si rincorrono.
Costantemente sull’orlo del baratro, episodio dopo episodio True Detective rivela sopita la sua seminale fonte d’ispirazione: The Yellow King di Robert W. Chambers, cult del fantastico che già accese l’immaginario non euclideo di Howard Philip Lovecraft. Senza gli antenati Carcosa e Re Giallo infatti, non sarebbero mai “esistiti” R’Lyeh e il Necronomicon.
Proprio su queste alterate coordinate Pizzolatto allestisce gli universi paralleli e borderline di True Detective

true detective (2)

FILE 2: IL CASO

“Quelli-di-Prima erano.
Quelli-di-Prima sono.
Quelli-di-Prima saranno.”
(L’orrore di Dunwich, H.P. Lovecraft) 

«Harry il mio sogno è un codice che aspetta di essere violato.
Viola il codice e risolvi il caso».
(Twin Peaks, David Lynch)

Per quanto superficiale possa apparire, sussiste un assiomatico perché del paragone tra Twin Peaks e True Detective: il “movente”, l’incipit che tutto induce; ovvero un atto omicida commesso in un particolare e suggestivo contesto geografico. Il cadavere di Dora Kelly Lange rinvenuto in una rituale posizione di stress come il corpo privo di vita di Laura Palmer custodito in un telo di plastica. Vermilion Parish, Lousiana come la fittizia Twin Peaks, località di montagna collocata nello Stato di Washington. Le creature di Lynch e Pizzolatto si sfiorano senza mai toccarsi, rese parallele da un’indagine di fondo condotta con asimmetria rispetto ai rigidi e consolidati canoni del genere: da una parte il surrealismo di Lynch, dall’altra i sincopati piani temporali di Pizzolatto. Entrambe conservano gelose le necessità riconducibili alla grande narrativa seriale americana per immagini: costante bisogno di protezione e conseguente senso di pericolo e allerta, fragilità morale dell’entroterra statunitense, religione, infanzia, famiglia. True Detective di tutto ciò avidamente si ciba e, sfruttando a 360 gradi il concetto tutto di serialità, affonda nel marciume etico del distorto folklore bucolico e consente al racconto di collegare la prosa delle cerimoniali gesta omicide alla ritualità dei predicatori da tendone, fino ad arrivare a culti pagani dalla genesi ancestrale, che dall’umidità emergono come geyser; passando infine per la suggestione e il rimando a termini che da sempre civettano con la stregoneria e il maligno: quali candelora, calendimaggio, equinozio. True Detective non esita a sporcarsi le mani, scava nei mefitici acquitrini delle paludi a perdita d’occhio, più in basso del white trash; fino a confrontarsi con un credo profano nato ancora prima della notte dei tempi: Chambers, Lovecraft. The Yellow King, Necronomicon. R’Lyeh. Carcosa.

 true detective (3)

FILE 3: I DETECTIVE

     “C’è qualcosa di segreto tra quei due.
Qualche patto terribile.
Facci caso. Vedrai che ho ragione.”
(Meridiano di sangue, Cormac McCarthy) 

«La sua mente è lucidissima ma la sua anima è matta».
(Apocalypse Now, Francis Ford Coppola)

Gran parte del livello d’eccellenza conseguito da True Detective è conseguenza del suo criptico simbolismo. L’ambizione pittorica delle immagini sottopone lo spettatore ad una continua sfida tra sguardo e memoria, scacchiera dei sensi che dalla prospettiva visuale si decentra ben presto tra le righe dei dialoghi; significanti di enigmi, verità e depistaggi. Il background della serie non risparmia i suoi interpreti, la cui interazione si palesa come pietra angolare di True Detective; il lavoro di tratteggio operato da Pizzolato è votato alla profondità e finalizzato a legare i personaggi principali ai crittogrammi delle immagini: tanto Harrelson quanto McConaughey sono decifrabili a partire dai nomi, collegati ai loro rispettivi comportamenti certo non per coincidenza. Il primo (Martin Hart) porta con sé un cognome che è sinonimo di cervo, mentre il secondo (Rust Cohle) si trascina dietro un nome che corrisponde alla traduzione grammaticale di arrugginito. Sulla connivenza tra i due Pizzolato agisce di fioretto, ponendoli agli antipodi caratteriali trascina nella detective story confronti prossimi al buddy movie, inserendo i colleghi e il cozzare delle psicologie nel panorama che li circonda. Hart, yankee tutto d’un pezzo, corrisponde allo spazio fisico e tangibile della Lousiana. Cohle, ex undercover dal filosofeggiare paragonabile al Kurtz di Apocalypse Now giustifica – tramite il suo cantilenare sospeso tra new age, insonnia, buddismo gotico e pessimismo schepenaueriano – l’esistenza di uno spazio spirituale invisibile a occhio nudo, eppure presente nel medesimo territorio osservato dal partner.  Hart è il clichè, Cohle il cuore di tenebra logorato dal dramma familiare e dagli anni sotto copertura nella narcotici. Anima arrugginita e alienata, Rust Cohle rimanda per mimica e aura tanto al cinema di Fincher quanto (per assurdo) all’immaginario di Watchmen: quasi fosse un essere si superiore ma frantumato dentro, incrocio tra la conoscenza del Dottor Manhattan e la pronuncia raschiata di Rorschach. Hart dal canto suo, custodisce nel cognome l’essenza stessa dell’intrigo: Cervo come la simbologia cristologica (figura che stana e sconfigge il serpente, cioè il demonio), Cervo come l’immaginario dell’evocazione demoniaca (che raffigura con l’identico animale lo spirito di Furfur). Hart come la Lousiana: divisa tra sacro di facciata e occulto paganesimo, custodisce una percezione della quale è all’oscuro; imbattutosi nelle corna di cervo ritrovate sul cadavere di Dora Kelly Lange necessiterà di un aiuto per accedervi. Un Virgilio, un Caronte, una guida intellettuale che individua in Cohle: il tramite spirituale utile a scardinare i graffiti cifrati di un cerchio massonico (?) che nello spazio mistico del territorio si nasconde dormiente; salvo sconfinare nella superficie fisica per nutrire il credo della bestia. Rust come Caronte, traghetta Martin Hart nell’inferno sotterraneo abitato da un viso sfregiato. Rust come Virgilio, indica a Martin Hart come sia possibile riveder le stelle. 

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