weird girls

Weird girls – Il cinema di Lucky McKee: SICK GIRL (Masters of Horror)

sick girl 2

REGIA: Lucky McKee
SCENEGGIATURA: Sean Hood
CAST: Angela Bettis, Erin Brown
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2006

L’opera terza di Lucky McKee è un episodio, della durata di circa un’ora, realizzato per l’antologia televisiva Masters of Horror. Che a un regista ancora agli esordi e non troppo conosciuto sia stata data l’opportunità di contribuire allo show, accanto a maestri del calibro di Argento, Carpenter, Dante, Landis e Miike, è una stranezza che ha del miracoloso. Certamente l’ideatore del progetto, Mick Garris, non ha scelto a caso, deve avere apprezzato il suo cult May – film che ancora oggi può vantare un largo seguito tra i cultori del cinema indie horror – e deciso quindi di affiancare un autore più ‘fresco’ alle schiere dei celebri veterani. Mckee riceve tre possibili script e alla fine sceglie di mettere sullo schermo quello firmato da Sean Hood, autore di tanti seguiti apocrifi del genere (Cube 2: Hypercube, The Crow: Wicked Prayer).

La sceneggiatura sembra fatta su misura per il regista: è una storia distorta e grottesca, tutta al femminile, incentrata sulla solitudine e sulle disfunzionalità affettive. La sua protagonista, l’entomologa Ida Teeter, ha molto in comune con la stramba eroina May e infatti McKee la affida alle cure della medesima interprete, Angela Bettis. Sick Girl non significa tanto “ragazza malata”, quanto più ragazza disturbata o deviata, e già nei primi minuti vediamo come il mondo messo in scena dal regista, per quanto talvolta fumettistico e semplificatorio, faccia emergere una serie di contraddizioni e devianze, tanto psicologiche quanto sociali. La passione smodata di Ida per gli insetti si rivela ben presto un feticismo che la allontana dalle relazioni con gli altri. La sua casa è un nido-sacrario che ospita decine di esemplari, da lei trattati alla stregua di animali domestici. Nonostante il suo aspetto morigerato e all’antica faccia pensare il contrario, la donna accetta serenamente la propria omosessualità, ma ogni relazione con una potenziale partner è minata dal suo insano amore per questi animali, considerati disgustosi dai più.

Le cose sono destinate a cambiare dopo l’incontro con la giovane fricchettona Misty (Erin Brown), una ragazza estremamente timida, che ama stare ore a disegnare fate (esseri la cui femminea bellezza si mescola alla bruttezza degli insetti). Il loro avvicinamento è all’inizio totalmente goffo e impacciato, i toni della scrittura e della recitazione risultano spesso sopra le righe. Non dobbiamo tuttavia dimenticare di essere nel territorio del grottesco, e alcune scene ce lo ricordano magistralmente, come quella ambientata al ristorante cinese dove Ida scova un enorme scarafaggio nel proprio piatto e, per nulla toccata dalla questione, si mette tranquillamente ad analizzarlo mentre il resto degli avventori scappa via disgustato. La relazione tra le due sembra andare a gonfie vele, malgrado le ire di una vicina impicciona e bigotta, terrorizzata all’idea che la sua nipotina possa diventare lesbica a causa della frequentazione con le due ragazze. L’idillio è però spezzato quando un enorme e mostruoso insetto, spedito dal lontano Brasile, scappa dalla propria teca e punge, senza esser visto, la povera Misty, nascondendosi dentro la federa di un cuscino.

Al centro della storia c’è dunque la metamorfosi; ma la mutazione in insetto non sta qui a significare la punizione di una mascolina hỳbris, come ne La mosca di Cronenberg, è qualcosa di ben più subdolo. Si tratta della vendetta simbolica di un padre che non è mai riuscito ad accettare la sessualità della propria figlia e che, per il tramite di un insetto, copula con lei e la costringe a un’inconcepibile maternità. Questo processo quasi psicanalitico (una sorta di forzato complesso di Elettra) è ben evidenziato in una pregevole sequenza onirica, realizzata in tecnica animata, in cui, in veste di fata, Misty viene inseminata dal mostro. Le due amanti scontano quindi le pene di una figura paterna repressa, di un mondo ancora incapace di accettare la normalità e la naturalezza dell’amore. È la rivincita orrorifica di un’eterosessualità disturbata, che si conclude con un anomalo e terrificante triangolo amoroso.

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