in sala

UNA PROMESSA di Patrice Leconte: La fatica e il vecchiume

1promessa 1&2

REGIA: Patrice Leconte
SCENEGGIATURA: Patrice Leconte, Jérôme Tonnerre
CAST: Rebecca Hall, Richard Madden, Alan Rickman, Maggie Steed, Shannon Tarbet
NAZIONALITÀ: Francia, Belgio
ANNO: 2013

Trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato: succede precisamente questo a Patrice Leconte con Una promessa, Fuori concorso (e vorremmo ben vedere) a Venezia 2013. Si trova nel mezzo di un film sbagliato: un melò in costume vecchio come il cucco e anche di più; e si trova, evidentemente, nel periodo sbagliato della sua carriera, un momentaccio di svogliatezza artistica (parecchio bruttino era anche La bottega dei suicidi) che lo porta a realizzare una pellicola prosciugata di qualsiasi sguardo, guizzo, idea; non si pretendeva la novità, perché a meno di affidare una storia del genere a un autorone (pensiamo banalmente a quel che ha fatto Scorsese con il magnifico, vividissimo L’età dell’innocenza), grandi sorprese non c’era da aspettarsele. Leconte non è nuovo a incompiutezze (La ragazza sul ponte, Confidenze troppo intime), eppure spegne qui qualsivoglia lampo di regia; la sceneggiatura, sua e di Jérôme Tonnerre, è affaticata e piatta (tratto da Il viaggio nel passato di Stefan Zweig, di romanzesco il film ha solo la pesante imbottitura letteraria).
Ma a far concorrere Una promessa al titolo di prodotto più nullo e tedioso di questo anno cinematografico è pure l’intera équipe che partecipa a questo gioco al massacro dello spettatore: Rebecca Hall è esangue, Alan Rickman altrove interprete torcibudella si ri-ri-ricicla nell’ombra di se stesso – un semivillain di cui sappiamo già tutto dalla prima inquadratura e di cui non ci importa niente; e infine l’eroe romantico spezzato RichardGame of ThronesMadden, bambolotto di pezza congelato nel languido lattice di passioni preconfezionate.

Non esiste palpito, non esiste attrazione alchemica; Una promessa è un museo delle cere avvolto nel ghiaccio e nella polvere accecante di uno script che prevede un forzatissimo happy end e un anelito al potere dell’amore contro tutto e nonostante tutto, che vuol essere fiabesco e realistico, ma che della fiaba e della realtà ha solo i tratti rigidi, la tremolante copia carbone, la salma imbalsamata delle intenzioni, la parvenza pallidissima e stantia, ammuffita, addormentata, stanca stanchissima. Un cinema stanco stanchissimo.

Condividi

Articoli correlati

Tag