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MA VIE DE COURGETTE di Claude Barras: We can be loved, just for one day

ma vie de courgette

REGIA: Claude Barras
SCENEGGIATURA: Gilles Paris, Céline Sciamma, Germano Zullo, Claude Barras, Morgan Navarro
ANNO: 2016
PAESE: Svizzera, Francia

«Le vent se lève, il faut tenter de vivre».
«Si alza il vento, bisogna provare a vivere».

Gruppo di bambini nella neve. Osservano una mamma e suo figlio, da lontano. Con sguardi spezzati e penetranti divorano, incantati, un ordinario frammento di quotidiano appartenente a chi non si cura d’essere normale e, soprattutto, non ne conosce il privilegio. L’inquadratura si stringe lieve intorno alla timida compagine, un lento raggelamento si rapprende su quei bambini sperduti, ipnotizzati da una scena così semplice, a loro preclusa nella sua innocente leggerezza, nella sua distratta luce.

Al centro dell’immobile, inaridito gruppo, c’è Zucchina.

Zucchina è il nome che una madre stanca e sfinita dalla vita ha dato a suo figlio, un ragazzino emaciato con grandi occhi malincuorici che, per errore, all’inizio del film le causa un incidente mortale. Nell’esistenza tremolante di Zucchina non c’è nessun altro: il padre è invisibile da sempre e per sempre, concepibile solo come supereroe di cartapesta impresso su un aquilone cui il bambino tenta, invano, di far spiccare un nobilitante volo. Un poliziotto di buon cuore si accolla così il compito di consegnarlo ad un orfanotrofio scalcinato dove Zucchina conosce recalcitranti simili, ognuno con un proprio indelebile trauma a carico, cui reagisce come può (nascondendosi, facendo il prepotente, mangiando, piangendo), ma al quale non saprebbe come trovare rimedio, anche solo momentaneo. Chiusi in un minuscolo e opprimente spazio vitale, Zucchina, Simon, Ahmed, Alice, Camille e gli altri segnalano gli sbalzi delle loro emozioni ferite su un grande cartellone, e sognano l’amore, anche solo per un giorno, e la famiglia, anche solo per gioco.

I 60 dilanianti, preziosi minuti di Ma vie de Courgette ce li hanno donati la cantrice dell’innocenza Céline Sciamma (suoi i cristallini Tomboy e Bande de filles) e il già consapevole – e controllatissimo – esordiente nel lungo Claude Barras (alle spalle un rodaggio di deliziosi corti). Il duo lascia scivolare l’inchiostro commosso di Autobiographie d’une courgette (Gilles Paris) attraverso una favola triste e composta, dove il battito dei cuori spezzati dei protagonisti si ammorbidisce nei colori caldi e nella tenerezza tiepida della plastilina.

Ne emerge un canto di sopravvivenza a misura di qualunque emotività, un’istantanea disincantata rischiarata da un realismo di forma magica, un’amara commedia sociale ad altezza microscopica di bambino, una limpida poesia del vero e dell’umano che trasuda insopprimibile speranza da inquadrature piane e feroci.

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