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La donna che usciva la gente: LO SGUARDO DI SATANA – CARRIE di Kimberly Peirce

carrie 2013 (3)

REGIA: Kimberly Peirce
SCENEGGIATURA: Lawrence D. Cohen, Roberto Aguirre-Sacasa
CAST: Chloë Grace Moretz, Julianne Moore, Gabriella Wilde, Judy Greer
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2013

Finalmente anche l’attesissimo remake di Carrie è arrivato nelle nostre sale. Finalmente perché non se ne poteva più del battage pubblicitario, consistente nella divulgazione di immagini sexy della giovane Chloë Grace Moretz che si succhia le labbra, che ammicca, che “guarda come sono figa anche con questa sottoveste sudicia”, e delle discussioni che circolavano a proposito del film, che consistevano in commenti squisitamente cinefili come: “Non potrà mai essere riuscito quanto il film di De Palma però Chloë Moretz…”.
Ebbene, chiunque abbia speso soldi e tempo recandosi al cinema, o solo tempo cliccando su Nowvideo, ora lo sa, questa nuova versione di Carrie non solo non ha nulla dell’eleganza ossessiva del film di De Palma, che con tanta perizia indagava gli aspetti orrorifici dell’emarginazione e del giramento di palle che ne deriva, ma tende a riempire quel vuoto con sequenze talmente irritanti che se avessi avuto le abilità di Carrie White la sala si sarebbe accartocciata su se stessa.

La presenza dietro la macchina da presa di Kimberly Peirce, la (fino a oggi) acclamata regista di Boys Don’t Cry, ci aveva illuso che questa nuova versione di Carrie potesse offrire un nuovo punto di vista sulla questione, magari più femminile, più vicino alle dinamiche di relazione tra i personaggi, permettendoci di scrutare più a fondo nel dolore di Carrie, nella malvagità delle sue compagne e nella follia religiosa della madre, o almeno che fosse presente una scena di sesso saffico (cosa che, per altro, avrebbe avuto più senso dell’orribile sequenza di triste sesso etero consumato in macchina e infilata solo per giustificare lo scacco salvifico della maternità). E invece pare che la regista abbia pensato che per restituire il senso del disagio contemporaneo bastasse inserire l’attualissimo spauracchio del “ti sputtano su Youtube”. Piazza qualche smartphone, qualche schermo gigante e un pc connesso alla rete nel modo più esteticamente posticcio che si possa immaginare e poi lascia che Carrie interagisca con questi mezzi mostrando la frustrazione, l’imbarazzo e le difficoltà di una povera ragazza che, più che reietta, sembra appartenere a un’altra epoca storica. Kimberly Peirce, quindi, non sceglie di aggiornare la vicenda, ma si limita a ricalcare il film di De Palma, aggiungendo qualche passo del romanzo di King, disseminando qua e là insegne luminose del presente che, comunque, tendono a confondere più che a orientare lo spettatore.

Tuttavia la regia non è l’aspetto peggiore di questo imbarazzante remake e i maggiori difetti del film sembrano imputabili a una sceneggiatura debole, totalmente priva di ritmo e di situazioni stimolanti. D’accordo, conosciamo la storia e non ci aspettiamo particolari colpi di scena, ma quello che manca è un coinvolgimento credibile (già esautorato, per altro, dalla scelta della Moretz nella parte di una liceale brutta e sfigata). L’unico reale desiderio instillato nello spettatore è quello di poter vedere Carrie sbroccare al ballo, ma non per la scena in sé, non per completare un percorso di visione fatto di continua frustrazione e insostenibile tensione (le stesse della protagonista), bensì per veder finalmente bruciare le scenografie e i personaggi di un film che insulta l’intelligenza (lì dove c’è) degli spettatori. La scena madre, poi, che avrebbe tratto giovamento dal procedimento fin qui adottato della copia carbone, viene inspiegabilmente modificata, sostituendo al magnifico camera-script depalmiano – fatto di primi piani, dettagli, rallenty, zoom e split screen, capaci di costruire uno spazio claustrofobico e minaccioso – una triplice ripetizione della caduta del secchio di sangue mostrato da punti di vista differenti, sperperando in questo modo quel minimo di curiosità accumulata fino a questo momento e celebrando, con una costruzione videoclippara, la guasconeria dell’avvenimento, manco fosse Geordie Shore. L’unica nota curiosa del film è che, se sei rimasto insoddisfatto, puoi richiedere un finale alternativo – pare ne circolino ben cinque – purtroppo fanno uno più pietà dell’altro. Buona visione!

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