VENTIQUATTROSETTE di Shane Meadows

REGIA: Shane Meadows
SCENEGGIATURA: Paul Fraser

CAST: Danny Nussbaum, Bob Hoskins, Bruce Jones
NAZIONALITÀ: UK
ANNO: 1997 
TITOLO ORIGINALE: 24 7: Twenty Four Seven

THIS IS ENGLAND!

“Non conta se hai avuto tanto o poco dalla vita, se non hai mai avuto niente in cui credere rimarrai povero per sempre” queste parole impresse sulle pagine sgualcite di un diario accompagnano le riflessioni di Alan Darcy, quarantenne qualunque, immerso nella profonda crisi economica degli anni ottanta in Inghilterra. I suoi sogni di gloria, vano tentativo per dare un calcio alla solitudine e alla disperazione, si scontravano con le mire di un sistema dedito solo al profitto “il denaro era dio, il denaro è dio”. Anche lo sciagurato sviluppo edilizio di quel periodo vedeva persone ammassate come formiche in minuscole zone fare i conti quotidianamente, 24 ore per 7 giorni alla settimana con il degrado e la miseria. Con la bella fotografia in bianco e nero di Ashley Rowe, sulle musiche originali di Boo Hewerdine e Neil MacColl, condite dalle migliori note in tema di blues, soul e folk (Van Morrison, Paul Weller e Tim Buckley tanto per fare qualche nome) Twentyfourseven segna un importante esordio. Classe ’72 cresciuto nella regione delle Midlands in quel di Uttoxeter (Staffordshire) il giovane Shane Meadows prima di diventare regista frequentava cattive compagnie dalle quali riuscirà a svincolarsi grazie al cinema iniziando a realizzare cortometraggi con attori non professionisti. A soli venticinque anni ne aveva già girati una trentina. Prima di quella felice stagione le giornate trascorrevano tutte uguali, tra risse per le strade della città e qualche furto. Grazie all’interessamento di un uomo Shane e alcuni suoi coetanei finiscono dentro una squadra di calcio strappati alle vite violente. La squadra conosceva come unico verdetto la sconfitta ma forse anche grazie a quel tizio, Meadows apprende di saper narrare sullo schermo l’arte di perdere. La pellicola del 1997, infatti, canta le gesta poco eroiche di un gruppo di figli del proletariato con i loro maledetti padri e i quartieri di periferia, dove affogare sempre nello stesso pub un vuoto esistenziale. Il film si apre al presente con lo sguardo fisso della macchina da presa su un cavalcavia attraversato da due binari che non portano da nessuna parte. Il volto maturo di Tim affonda presto in quello di Darcy, ora barbone rintanato in un vagone in stato confusionale. Prendendosi cura di quel povero cristo pronto ad accoglierne la morte, Tim comincia a sfogliare i suoi appunti, assurdi desideri di un folle con la voglia di cambiare le cose, in un periodo storico privo di speranza. Come nella realtà anche qui il personaggio di Darcy (un sempre splendido Bob Hoskins) cerca di riunire più giovani possibili, distogliendoli dal randagismo, la droga e la depressione attraverso la nascita di un club di pugilato. L’attore del Suffolk in qualche intervista ha dichiarato di avere avuto grande rispetto per questi ragazzi difficili sapendo che avrebbero potuto essere migliori di come apparivano, in fondo un tempo, prima di conoscere successo e popolarità, questi faceva parte del branco. Nonostante la pesante cappa funerea che aleggia sulla pellicola però, 24/7 è anche un’opera dove affiorano umorismo e goliardia. Si pensi alla sequenza del ritiro in Galles in cui emergono per la prima volta da parte dei protagonisti, fino a quel momento appartenenti a bande rivali, un sano cameratismo e una voglia di essere davvero uniti per raggiungere uno scopo comune.

Senza quasi mai indugiare nella retorica e nella lacrima facile, il film narra una storia di fratellanza, rabbia e riscatto sociale, ma soprattutto di vita: “si muore tutti tanto per cominciare, così immagino che la faccenda consista soprattutto nel vivere”. Questo piccolo lungometraggio ha in nuce elementi e temi di tutto il cinema dell’autore: l’inadeguatezza sociale, la profonda solitudine e la furia sepolta sotto strati di emozioni e passione nella quale versano i personaggi, ma anche il percorso verso la maturità di tipici Antoine Doinel del Midland. Twentyfourseven ottiene ampi consensi di critica e in giro per i festival del mondo vince diversi premi consacrando la carriera di una delle più ispirate voci della nuova “rabbia giovane” europea. This is England! 

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