I BAMBINI DI COLD ROCK di Pascal Laugier

REGIA: Pascal Laugier
SCENEGGIATURA: Pascal Laugier
CAST: Jessica Biel, Jodelle Ferland, Stephen McHattie, William B. Davis, Samantha Ferris
NAZIONALITÀ: USA, Canada, Francia
ANNO: 2012
TITOLO ORIGINALE: The Tall Man
USCITA: 21 settembre 2012

«I was living in a Devil Town, didn’t know it was a Devil Town, oh Lord it really brings me down about the Devil Town. And all my friend were vampires, didn’t know they were vampires, turns out i was a vampire myself, in the Devil Town.»

Devil Town, Daniel Johnston

Il Babau, l’uomo nero, l’orco delle fiabe, resta l’archetipo narrativo per eccellenza. La prova del nove, l’ostacolo da superare per qualunque cineasta intenda cimentarsi nel genere horror e limitrofi. Ultimamente è stato il turno di Juan Carlos Fresnadillo, capace di offrire un’interessante variante sul tema grazie al para-shyamalaniano Intruders, titolo d’una manciata di mesi in anticipo su The Tall Man: griffato dal chiacchieratissimo Pascal Laugier; autore eletto in tempi non sospetti a padrino della “nouvelle trouille”, precisamente all’indomani del fenomeno Martyrs, punta dell’iceberg del movimento transalpino. Parimenti al collega spagnolo, il regista francese decide di giocarsi credibilità e reputazione affondando le mani in una materia pericolosa da modellare, perché ad alto tasso di rischio e infiammabilità critica. Azzardo calcolato, in quanto I bambini di Cold Rock si rivela pellicola convincente, decisamente americana nell’ispirazione, ciò nonostante fedele ad una linea autoriale dal cuore europeo, pardon (neo)francese.

Guardare Cold Rock equivale ad immergersi in un brullo e disperato panorama “kinghiano”, meno colorato rispetto al nero-fiaba proposto da Twixt, ugualmente attraversato da un’oscura leggenda, qui realtà buona per i tg della sera, tuttavia riconducibile, senza margine d’errore alcuno, all’universo del Re Stephen. Laugier sbarca in America mosso dall’educazione che si confà all’ospite rispettoso delle tradizioni altrui: cita King nell’ambientazione e Coscarelli nella costruzione della mitica e spaventosa figura che agisce di notte, prossima, almeno nel nome, all’icona celebrata dalla quadrilogia di Phantasm. Non pago, The Tall Man si spinge addirittura oltre, ponendosi come ideologico gemello di Gone Baby Gone, conservandone intatti sia il sottotesto familiar-drammatico quanto gli interrogativi (im)morali, ma aggiustando il tiro di genere rispetto alla detective story portata sul grande schermo da Ben Affleck.

King, Coppola, Coscarelli, Lehane, Affleck. Uno spaccato contemporaneo degli Stati Uniti, frullato e utilizzato da Laugier per dimostrare quanto il suo cinema tutto rappresenta, tranne che un estemporaneo fuoco di paglia sintetizzabile nel termine moda. I bambini di Cold Rock torna ad occuparsi dei crocevia interni alla psiche femminile, sentieri che Laugier batte fin dal pianeggiante Saint Ange, oltre che a configurarsi come ennesimo, spassionato atto d’amore nei confronti del cinema di Dario Argento. Sincero quanto Livide, pur con dose opposta di sfacciataggine. E se Martyrs celebrava in superficie alcune delle soluzioni grafiche del maestro romano, The Tall Man abbraccia in profondità il suo cuore mitico e ancestrale, lasciando che le tre madri di Suspiria e Inferno riverberino il loro latente ricordo in un finale mai così argentiano, seppur sottopelle. Un sentimento quest’ultimo, talmente pulsante da sopravvivere persino alle esigenze di sceneggiatura, fin lì magari criptica e labirintica, moralmente spiazzante, comunque riflessiva: infine risolutiva e chiarificatrice. Un’altra conferma da parte di Pascal Laugier, che rispedisce al mittente anche l’ultima delle critiche possibili: i film ora, ha anche imparato a scriverli.

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