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Venezia 2016: LA LA LAND di Damien Chazelle – Film d’apertura

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REGIA: Damien Chazelle
SCENEGGIATURA: Damien Chazelle
CAST: Ryan Gosling, Emma Stone, J. K. Simmons
ANNO: 2016
PRODUZIONE: USA

Questa volta Chazelle ha fatto impazzire tutti, cinema-patologici, critici dell’ultima ora, pubblico pagante di passaggio al festival, visitatori sui generis delle sale di tutto il mondo (un po’ meno i fondamentalisti del musical), Academy e personaggi non sospetti. Come resistere, Chazelle strizza l’occhio un po’ a tutto, ammiccando verso il passato anche quando sembra volersi fare contemporaneo, ché le due big star Stone & Gosling son prelevate esattamente come i divi dei ’40, con occhio estetico e senso dei quattrini. Ovviamente non sono la Rodger e Astaire, ovviamente Chazelle non è Minnelli (per fortuna nostra), ovviamente non vorrebbe esserlo. Ma La La Land è un scintillante e roboante fluido energetico che piroetta con sufficiente grazia e intrattiene con intelligenza, tra sceneggiatura soppesata sagacemente e lustrini che (ancora per fortuna) non si permettono di danzare alla Luhrmann. C’è chi dice che il giovane Chazelle ambisca a una formula furba ed eccessivamente virtuosa, ma la supposta veridicità della sentenza non ci impedisce di apprezzarne il confezionamento e di lasciarci ammansire a nostra volta. (LDV) ♥♥♥♥/5


Ammiccare, omaggiare, esaltare: in ordine di escalation le sensazioni varieganti del film di apertura. Musical e musica, classicità e classicismo, Damien Chazelle sfodera un plus rispetto a quello che già sembrava fatto e compiuto con Whiplash: con estrema compostezza e senso tecnico assembla sentimenti e citazioni (talvolta frame by frame), ritmo e dissipazione in un impianto sgargiante ed ingordo di colori e di senso esperitivo del Cinema. Di attrici, di musicanti e amori rotti, per un romanticismo manualisticamente postmoderno, in un gioco mnemonico e compositivo tanto appassionato quanto tenuto a freno da eccessi quasi geometrici ed algebrici, in cui è palpabile la connessione più diretta tra la mente e il ricordo cinefili del regista e la meticolosità mai stanca della pellicola. Chazelle mescola battiti di cuore e ticchettii meccanici come un artigiano mescola sudore e utensili, giocando a carte scoperte, volendoci mettere al corrente del proprio congegno, pratico e mentale, e ciò talvolta funziona e diventa punto di contatto, altre invece rimarca la distanza tra noi e lui: se ci possiamo esaltare, è nel vederlo esaltarsi. (AT) ♥♥♥/5

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