Visioni-in sala

La La Land di Damien Chazelle: Guess I’ll see you in the movies

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REGIA: Damien Chazelle
SCENEGGIATURA: Damien Chazelle
CAST: Emma Stone, Ryan Gosling, J.K. Simmons, Amiée Conn, Rosemarie DeWitt
NAZIONALITÀ: Stati Uniti d’America
ANNO: 2016

Sebastian non lo sa, ma, mentre racconta il senso pregnante del jazz all’incuriosita e via via sempre più incantata Mia, sta descrivendo la loro relazione con la città, con il loro amore e con i loro sogni. Un rapporto vorticoso e conflittuale, costruttivo e accorato, di stelle e sudore, di armonia nelle aporie, di sincronizzazione centripeta nel disequilibrio del quotidiano, di viaggio unitario all’interno di frattaglie complementari.

E sta descrivendo anche il rapporto dello stesso Chazelle con il musical, che l’autore ama infinitamente, come ogni fibra e ogni frame di La La Land ci gridano gioiosamente negli occhi e nelle orecchie, ma che oggi deve necessariamente fare i conti con la consapevolezza della realtà incombente, con la coscienza della modernità. E quindi se il cinema è un corpo vivo in La La Land, è demiurgo e reagente, si tramuta nel destino, in una colomba, in uno sfondo teatrale per scintille amorose, fa scoppiare un sorriso sul volto intristito, fa sgorgare una luce addosso ai protagonisti isolandoli dal dolore dell’ambiente esterno, s’intromette tra i baci, lascia che una canzone d’addio duri una vita intera, e se pure al contempo si svela nel suo scheletro fittizio – le scenografie, gli attrezzi di scena, la manodopera indaffarata – mantenendo la propria natura celestiale e creatrice d’immortalità, anche il mondo reale è una presenza a cui non si può più sfuggire, il cellulare che suona e spezza l’incantamento, il suono di un clacson che rimette in riga i colori dirompenti, ma anche la volgarità del successo facile che irretisce, il prolungamento delle faticose sconfitte, gli errori e le ferite (“the mess we made”) che non svaniscono in una canzone accecante, la disillusione odierna che rende l’happy end inevitabilmente posticcio e passatista (il meraviglioso, mozzafiato, avviluppante flash finale che desidereremmo ci portasse via nel suo flusso infinito, è dopotutto il finale che avremmo avuto se La La Land fosse esistito 60 anni fa).

Il tempo passa, l’amore resta, più vivo che mai nei ricordi e nella celluloide che ne cattura l’attimo e ne fa memoria imperitura, epica bigger than life.

 

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