REALITY di Matteo Garrone

REGIA: Matteo Garrone
SCENEGGIATURA: Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Maurizio Braucci, Ugo Chiti
CAST: Aniello Arena, Loredana Simioli, Nando Paone, Graziella Marina, Aniello Iorio
NAZIONALITÀ: Italia-Francia
ANNO:2012
USCITA: 28 settembre 2012

NAPOLI VISIONARIA

Reality si apre con un’inquadratura dall’alto nella quale nuvole soffiate dal vento cedono lo sguardo  a immagini variopinte e festose. Matteo Garrone sfoggia un piano sequenza da antologia: l’occhio della macchina da presa segue il lungo cammino di una carrozza d’oro con cavalli bianchi, destinata ad arrestarsi in prossimità di un cancello spalancato su una sfarzosa villa. L’impressione è di essere catapultati in un altro mondo, in un’altra epoca e, con tutta probabilità, in un altro film, magari in costume, ma il miraggio dura appena un istante, il tempo di un battito di ciglia diretto a svelare l’elaborato trompe l’oeil. Peccato perché anche le musiche di Alexandre Desplat lasciavano presagire qualcosa di completamente diverso: ogni magia però nasconde il suo trucco. Dietro questo apparente scampolo da fiaba si nasconde infatti l’assurda realtà di un matrimonio kitsch dei nostri giorni con un’infinità di invitati e lo special guest Enzo, ultimo fortunato inquilino del Grande Fratello. Il regista romano, smessi in panni dell’autore da cinema civile e d’impegno, torna al grande schermo con un lavoro insolito e affascinante. Questa storia (ancora una volta ispirata dai fatti di cronaca come già accadde in passato) ha il profumo della più classica delle commedie, anche se al suo interno cela un’anima nera, dalle tinte fosche. Il cineasta compone un quadretto surreale narrando le bislacche sorti di un uomo, il pescivendolo campano Luciano avvezzo all’arte della truffa travolto dal ciclone reality al punto da rimanerne prigioniero. La sua partecipazione al programma si limita al provino ciò nonostante l’ossessione di ricevere la fatidica chiamata per entrare nella casa unito a uno stato di paranoia crescente lo accompagneranno molto più a lungo, fino a stritolarlo in un incubo ad occhi aperti. Garrone si conferma un artista dotato di grande talento visivo e qui offre una prova di coraggio notevole: dopo Gomorra i sentieri da percorrere luccicavano come i mattoni gialli del regno di Oz, eppure questi prende la strada erbosa e meno battuta, per dirla alla maniera di Robert Frost. Il lungometraggio vede protagonista un Pinocchio moderno con le sembianze di un detenuto del carcere di Volterra (Aniello Arena) impelagato in un Paese dei Balocchi chiamato successo, popolarità, fama, brama di apparire. L’intento dell’operazione però non è quello di compiere un’indagine sociologica puntando il dito contro il piccolo schermo e un Paese che in esso si riflette o senza del quale sembra non esistere più, bensì mettere a fuoco la discesa agli inferi di un individuo normale ostaggio di un eden illusorio. Il regista continua a scrutare l’anima dei personaggi attraverso l’aspetto esteriore e dall’attento studio dei corpi ne ricava l’assoluta verità: se le dimensioni contavano ne L’imbalsamatore, e la purezza andava ricercata all’interno di un fisico condannato a svuotarsi tanto da essere una sorta di guscio per colmare la follia dell’orafo di Primo Amore, qui sono la generosità e la pienezza delle forme a fotografare un gruppo di famiglia nell’interno. Secondo Garrone il contagio dello sguardo puro e innocente di Luciano ha origine non solo dal contatto con l’ambiente circostante (una Napoli quasi precipitata sul set dal teatro eduardiano) ma anche e soprattutto dalla famiglia, vittima (un po’ come tutti) del consumismo. Le figure davanti all’obiettivo appaiono allora come soggetti di Fernando Botero, quasi delle sculture di carne accese però dal sangue delle passioni, finanche effimere: il momento del ritorno dalla festa di nozze si inscriverà nelle pagine più toccanti e vive del cinema contemporaneo. Nelle loro mute e misere stanze la splendida fotografia di Marco Onorato cattura il lato orribilmente umano e compassionevole di questi stanchi giganti, lontani dal rumore della folla, intenti a liberarsi finalmente da maschere e abiti di scena per raccogliere i fischi o gli applausi della vita. La scelta degli attori (quasi tutti nati sulle assi del palcoscenico dei grandi) si rivela una volta di più vincente: Aniello è in forza alla Compagnia della Fortezza di Armando Punzo, seguito da Nando Paone, Loredana Simioli passando per Nunzia Schiano fino ai giovani interpreti.  Reality è un’opera complessa, ricca di sfumature, comica e al contempo tragica, suggellata da un finale dal sapore fantascientifico con una macchina da presa che allargando il campo della Visione immerge il pubblico in un ultimo, delizioso effetto straniante. Gran Prix della Giuria Cannes. Sipario. 

Condividi

Articoli correlati

Tag