IL CACCIATORE DI GIGANTI di Bryan Singer

REGIA: Bryan Singer
SCENEGGIATURA: Darren Lemke, Dan Studney, Christopher McQuarrie
CAST: Ewan McGregor, Stanley Tucci, Nicholas Hoult, Eleanor Tomlison, Bill Nighy
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2013
TITOLO ORIGINALE: Jack the Giant Slayer
USCITA: 28 MARZO 2013

L’ABITO NON FA IL MONACO

Ebetismo, shock, devastazione. Senso di impotenza e incredulità davanti alla trasmutazione di Singer. Da regista provetto a superficiale burattinaio di marionette rammendate in uno squallido teatrino da fiera ambulante. Impossibile credere che l’autore della sequenza glaciale e antisemita del giovane Magneto, sia lo stesso di quelle frastagliate e confusionarie de  Il cacciatore di giganti. Vestita da colossal epic-fantasy, con la pelle scenografica in perfetto stile Signore degli Anelli e Cronache di Narnia, coperta da un soprabito gothic-grottesco alla Harry Potter, la pellicola si rivela ben presto un manichino agghindato in fretta e furia per portare sul grande schermo l’antica fiaba di Jack e la pentola di fagioli.

Nessun “c’era una volta”, nessuna morale, nessun (credibile) lieto fine. Nell’ultimo lavoro di Singer, infatti, di fiabesco, non c’è nulla, fatta eccezione per i castelli medioevali e i buffoni di corte. Il Re e la Principessa non sono degni di sedere nemmeno sul trono di un feudo in malora, e le schiere di cavalieri, che dovrebbero proteggere il loro onore, passano il tempo a guardare per aria. L’intrepido eroe, un contadinello senza un filo di barba, scambia il suo asino per dei fagioli magici e si imbatte casualmente nella principessa ribelle conquistandola al primo, ebete, sguardo. Con una sceneggiatura prevedibile e mediocre imbastita su scenografie maya e azteche, Il cacciatore di giganti non riesce ad arrivare al cuore dello spettatore, non ne cattura l’attenzione, non ne sfiora l’anima. Sin dai primi fotogrammi, infatti, si deduce che i veri protagonisti della storia saranno i giganti, più umani degli umani stessi, capaci di perseguire un obiettivo comune pur venendo manovrati da un improbabile sovrano. Realizzate con un 3D di ultima generazione e capeggiate dalla performance capture di Bill Nighy (il Davy Jones de I pirati dei Caraibi), queste abnormi creature citano Lo Hobbit, ne condividono i vizi ma ne ignorano il carisma. D’altra parte gli uomini sono esseri insignificanti privi di valori, annoiati dalla vita e avulsi da qualsiasi sprazzo di iniziativa. Nient’altro che pedine nelle mani di un demiurgo perverso, si muovono come note sfalsate di una composizione disarmonica dimostrando che non bastano confezioni esplosive di effetti speciali per creare un colossal. Perché l’abito, seppur a tre dimensioni, non fa il monaco. Non ancora, non abbastanza.

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