EXCISION di Richard Bates Jr.

REGIA: Richard Bates Jr.
SCENEGGIATURA: Richard Bates Jr.
CAST: AnnaLynne McCord, Traci Lords, Roger Bart, John Waters, Malcom McDowell
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2012

TOO MUCH BLOOD

Excision, opera prima di Richard Bates Jr. nonché “extended version” del suo cortometraggio (omonimo) targato 2008, è film che va ripensato a mente fredda, dopo averlo metabolizzato a qualche ora di distanza dalla visione: barocco e assai patinato nelle sequenze oniriche (memori dell’ormai imitatissimo David LaChappelle), a tratti sinceramente disturbante, scivola talvolta nell’ovvietà e nel già visto, dividendosi dunque tra punti di forza e debolezze evidenti. Si resta in equilibrio tra ironia, qualche spruzzata horror, un gran bel ritratto di teenager outsider (perfetta e quasi irriconoscibile AnnaLynne McCord), ma vi è troppa incertezza di registro, soprattutto nel tentativo di risultare dissacrante, chiaro riferimento (anche visivo) al cinema del grande John Waters, presente in un non memorabile cameo nei panni di un reverendo/psicanalista.

Il personaggio di Pauline è l’anima del film, adolescente mascolina e ossuta, dalla postura curva e la pelle acneica, decisamente sgradevole sia nell’aspetto che nei modi e vista, ovviamente, come weird, “quella strana”, non soltanto dalla compagne di scuola tirate a lucido ma in primis dalla propria madre, un’ottima Traci Lords (ormai un po’ troppo amica del botox), che rende bene la figura di genitrice rigida e bigotta, tirannica verso un marito senza nerbo (Roger Bart) e con una spiccata preferenza per la figlia minore, Grace (Ariel Winter), affetta da fibrosi cistica. Personaggio femminile volutamente a tutto tondo, quasi una matrigna fiabesca, rappresentata dal punto di vista di Pauline, che nei suoi (gustosi) dialoghi/preghiere con Dio la insulta e le augura la morte. La protagonista è tanto fisicamente grottesca quanto estremamente intelligente e consapevole non soltanto di se stessa, ma anche e soprattutto degli stereotipi della gioventù disturbata, che usa come lucidissima arma dialogica contro una madre da spot pubblicitario.  

La dimensione onirica è componente basilare, con sogni stilizzati e patinatissimi (in netto contrasto con l’aspetto sporco e selvatico della ragazza) nei quali prendono vita le sue fantasie sessuali e omicide: sequenze visionarie e un po’ troppo plastificate, forzatamente cool e modaiole, che perdono in potenziale proprio a causa del loro formalismo eccessivo. In questo si ritrova uno dei punti deboli del film, in una grande attenzione per il visivo a scapito della dimensione narrativa, con un plot non sempre scorrevole e coerente, spesso troppo prodigo di luoghi comuni su adolescenti emarginati e famiglie fintamente perfette.

Excision, in senso letterale, significa recisione, taglio: non solo in senso metaforico, dunque come distacco da una società che viene percepita in quanto estranea al proprio sé, ma anche in senso stretto, propriamente chirurgico: Pauline, infatti, aspira a diventare medico, e i suoi sogni notturni sono popolati da desideri che hanno un sapore di necrofilia, nell’incidere e sezionare cadaveri e nell’eccitazione che ne consegue.  Il finale, seppur ampiamente prevedibile, è uno dei momenti più alti della pellicola, potente ed evocativo in quanto climax e realizzazione di ciò che fino a quel momento era rimasto nell’ambito dell’immaginario.

Excision è dunque oggetto filmico non facile da valutare poiché discontinuo, nell’alternanza tra momenti efficaci e altri di vuoto pneumatico, in parte inficiato da  un’estetizzazione eccessiva che può risultare ridondante. Presentata al Sundance e seguita da consensi di critica e pubblico, inedita da noi ma disponibile in dvd, è opera che lascia un senso di perplessità nello spettatore, bombardato da immagini che mirano a riempire l’occhio ma dietro alle quali non sempre vi è una reale sostanza. Alla resa dei conti, il tipico prodotto indie che bada troppo alla confezione e allo shock studiato a tavolino: una maggiore sincerità avrebbe sicuramente giovato, in un prodotto nel quale l’ambiguita e il senso di incertezza prevalgono su ogni altra caratteristica. 

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