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Vendere l’anima al diavolo per un’allitterazione: VENERE IN PELLICCIA di Roman Polanski

venere in pelliccia (2)

REGIA: Roman Polanski
SCENEGGIATURA: David Ives, Roman Polanski
CAST: Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric
NAZIONALITÀ: Francia
ANNO: 2013

Dopo aver raggiunto l’espansione fisica più ampia (Il pianista, Oliver Twist), il cinema di Polanski ha subito (o ha operato) una graduale regressione al sostanziale: L’uomo nell’ombra, Carnage: via via più claustrale (da un vero e proprio sequestro ai salotti) più spoglio e spogliato, più essenziale, più spietatamente verbale (ma non verboso) scagliarsi, alfabeticamente teatrale, più nettamente umano, ricongiungendosi con ciò che furono Luna di fiele, La morte e la fanciulla vent’anni fa.
La gabbia e il cannibalismo onnicomprensivo sono “quelli di sempre”, con Venere in pelliccia giunti ad una nuove classe d’essenzialità, affilatezza, libertà d’azione: viene meno il plot, si scatena la rabbia, si ringhiano addosso la testa e la carne, l’uomo e la donna, padrone/padrona e serva/servo, dove il potere (la sua sete) può grondare resinoso e nero come colla ed insieme innocente, senza infiocchettamenti sociali (quelli che rendevano Carnage un bourgeoisie pour la bourgeoisie), sostituiti da stivali di pelle e dalle luci artificiali del teatro, simbolici e non iconici.
Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric , von Sacher-Masoch e un set western dismesso e un pugno d’abiti bastano: fino a diventare una mezza dozzina di voci (l’autore/attore e l’attrice, i personaggi che interpretano, l’uomo e la donna che sono), inquisite ed inquisitrici, umilianti e chiarificatrici; il processo e la condanna di lei verso lui, nel gioco d’indagine verbale dove un costume vittoriano diventa intimo fetish, giudici e vendette senza nome (per sinonimia, per scambio di ruolo), miscuglio grumoso e vivo insieme (fuori dal teatro piove, dentro è sudicia eleganza), alto e basso, intuito contro erudizione, convinzione e istinto, cazzo e figa, l’angelo nero ed il presunto creatore, la vendicatrice e il pollo misero, sporco, ignaro, brutale, sincero, vittima, detestabile pensatore, sessista suo malgrado, sguattero di (re)pulsioni.
La metamorfosi sardonica corre e disfa: i due protagonisti cambiano continuamente ruolo, il montaggio come sospiri di spavento va dagli uni agli altri come una scopa zuppa, lo spazio consente a Polanski di ricreare nuovamente ogni inquadratura (fino a sbattere sui primi piani e i dettagli, resettando dallo stage) esteta/voyeur/drammaturgo/tuttietreinsieme, Emmanuelle Seigner da subito strega e dea, Mathieu Amalric da colui che ammette di «Vendere l’anima al diavolo per un’allitterazione» al povero coglione che è o che potrebbe essere, e noi con lui. 

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