THE RAVEN di James McTeigue

REGIA: James McTeigue
SCENEGGIATURA: Ben Livingston, Hannah Shakespeare
CAST: John Cusack, Alice Eve, Luke Evans, Brendan Gleeson
NAZIONALITA’: USA, Ungheria, Spagna 
ANNO: 2012
USCITA: 23 marzo 2012 

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Due indizi non faranno una prova, ma sono abbastanza per dare forma e iniziale sostanza ad un concreto sospetto. James McTeigue sembra aver irreparabilmente perso la bussola e, assieme a lei, smarrito smalto e verve del regista che diresse V per Vendetta. Dopo l’imbarazzante Ninja Assassin ecco arrivare la conferma con The Raven, apocrifo e deludente tentativo di riportare in voga il peggio del cinema radical chic e new gothic stile Wachowski Bros. Tenebre digitalizzate, luna piena, pozzanghere e carrozza: primissimi fotogrammi che lasciano intuire parecchia della banalità stilisticamente esercitata da una pellicola solo superficialmente satura di Poe ma totalmente orfana di Roger Corman, oltremodo citazionista non nei confronti di chi Edgar Allan Poe lo portò per primo sul grande schermo (Corman Roger per l’appunto), bensì infantilmente infatuata di un certo, e superiore a The Raven tutto, dark contemporaneo, dal quale pesca disordinatamente e a piene mani. From Hell, Il mistero di Sleepy Hollow e Sweeney Todd vengono ripetutamente saccheggiati, mentre Eyes Wid Shut e persino Buried fanno capolino, tirati rispettivamente in ballo nella sequenza della festa in maschera prima e del supplizio, “sepolto vivo”, toccato in sorte alla bionda Alice Eve. Una partita cinefila, quella inscenata da McTiegue, che si conclude addirittura con una mano che forza dal basso verso l’alto la tomba di legno, stile secondo Kill Bill o, per i più smaliziati, copiato e incollato senza tanti fronzoli e timori reverenziali da Paura nella città dei morti viventi di Lucio Fulci. Goffo e superficiale, latentemente attratto dallo Sherlock Holmes di Guy Ritchie, The Raven si dimostra ignorante alle regole dell’archetipo e, incapace sia di spaventare che di giocare con il groove della suspense, si spegne quasi subito, appena il tempo di scoprire quanto la messa in scena non sia (quasi) mai farina del suo sacco, rivelando così i palesi difetti di una pellicola imbavagliata e posticcia non solo stilisticamente, ma sopratutto emotivamente; intrappolata com’è nella grossolanità di una scrittura inadatta a sottolineare, al fine di riverberarli tra le pieghe del racconto, uno dei mille sentimenti che dovrebbero affliggere questo Edgar Allan Poe: a sua volta strozzato dall’interpretazione insufficiente di un John Cusack raramente così insapore e inodore, insipido all’occhio di chi guarda, isterica macchietta solo parzialmente giustificata dal doppiaggio italiano, comunque parente lontanissimo di quel monumentale perfomer che ricordiamo. Ammiccante e prevedibile, The Raven si configura come idea, progetto e prodotto anticipato non solo nella forma, ma anche nella profonda sostanza dell’idea di base. Ad un’impalcatura narrativa sorretta quasi per intero dall’intuizione di un copycat omicida di celeberrima ispirazione infatti, aveva già formidabilmente pensato la serie televisiva britannica Whitechapel, tanto nella prima quanto nella seconda stagione, prima di elevare al cubo l’idea portante nel suo terzo capitolo, conservando sempre l’evidente debito registico nei confronti di From Hell. Tv che uccide (anche) il cinema, sempre di serialità in fondo si parla.

ps. Dimenticammo di citare il Poe da The Raven citato. Ecco il compitino: Il Corvo, I delitti della Rue Morgue, Il mistero di Marie Rogêt, Il pozzo e il pendolo e, dulcis in fundo, Il Cuore rivelatore. 

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