visioni

Dolor y gloria – Pedro Almodóvar:
Graditi ritorni

Regia: Pedro Almodóvar
Sceneggiatura: Pedro Almodóvar
Cast: Antonio Banderas, Penélope Cruz, Asier Etxeandía, Leonardo Sbaraglia
Anno: 2019
Produzione: Spagna

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Il sogno almodovariano è sempre lo stesso, è il modo di raccontarlo a renderlo di volta in volta una più o meno affilata lama: Dolor y gloria è di quelle più taglienti, più fedeli e amabili tra le diverse cariche propulsive capace di dare il regista spagnolo.

Dopo le tinte più tenui di Volver e Gli abbracci spezzati, consumata la voglia di noir di La pelle che abito, accantonato il cinepanettonismo spinto de Gli amanti passeggeri e le note delicate di Julieta, siamo nuovamente dalle parti de La mala educación, in un coacervo di suggestioni che tornano a coabitare, a contaminarsi, prima di tutto cinematograficamente.

E se molti degli elogi a Dolor y gloria sarebbero praticamente gli stessi di sempre, il piacere è nel ritrovare quel determinato affresco fatto di ricordi, delusioni, desideri, riscatti e rimescolarsi tra loro in un onirismo che è tanto marchio di fabbrica quanto presenza gradita, perfettibile ma comunque spesso ineguagliabile.

Perché, nuovamente, Almodóvar scrive in modo semplice, innamorato quanto malinconico, e ancor più così gira, con le sue inquadrature ferme e coloratissime, mentre vuole che i nostri occhi cadano sui contrastatissimi accostamenti, sul design, sullo sguardo dei suoi interpreti, sul configgere di certe bellezze e sulla disperazione che celano e nascondono di volta in volta. Le sue continuano ad essere inquadrature calme e pacate, come da più di vent’anni a questa parte, immersive (il film inizia proprio con il protagonista fermo sul fondo azzurrissimo di una piscina, mentre la macchina da presa ci rivela una cicatrice che corre lungo tutta la schiena: eccolo, tutto qui e subito, Almodóvar), “estive” si potrebbe dire, lì dove l’estate è quel purgatorio tra un momento della vita e un altro. E al centro di tutto ciò, un Antonio Banderas ormai completamente diverso dalla sua vecchia immagine, un Banderas che vorremmo per altri trent’anni almeno.

Sogni che diventano ricordi, ricordi che diventano film, amori che diventano droga, droga che diventa amica. Almodóvar gioca con la struttura narrativa come fosse un’illusione ottica, di nuovo. E forse è tutto qui il senso. Nell’infanzia lontana, nel buddy movie, nella voglia di esprimersi, nel fallimento da mettere a frutto.

 

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