in sala

VALERIAN E LA CITTÀ DEI MILLE PIANETI di Luc Besson: Nel suo cuore, di fiabe da narrar

valerian1

REGIA: Luc Besson
SCENEGGIATURA: Luc Besson (basata sul fumetto di Pierre Christin e Jean-Claude Mézières)
CAST: Dane DeHaan, Cara Delevingne, Clive Owen, Rihanna, Ethan Hawke
ANNO: 2017
PRODUZIONE: Francia

Come non volere bene a Luc Besson e al suo amore scombinato, lucente, spropositato per la macchina del cinema? A Luc Besson e al suo giocare infaticabile con il dispositivo del racconto, ad altezza di (del suo) bambino interiore, con gli occhi estasiati di un fanciullino che salta da un universo possibile all’altro, da una zona immaginifica a quella opposta, infilato in una tuta spaziale dai contorni spessi e fumettosi, come nella scena emblematica in cui Dane DeHaan/Valerian si tuffa in una corsa a perdifiato potenzialmente inesauribile lungo un tunnel di mondi, tutti appartenenti al medesimo tessuto collettivo, una città dai mille pianeti (e quinti-sesti-settimi elementi, e probabilità, da setacciare), uno nessuno centomila franchise a cui si ammicca, che si sogna, che si sospira.

È un concentrato di naiveté scanzonata ed esibita, questo Valerian, tre film in uno (compendio disneyano, volendo, della prima trilogia delle Guerre stellari), derivativo suo malgrado ma con un’anima dall’appassionato fragore camp, insaporito da facce umane più cartoonesche di quelle aliene (le sopracciglia di Cara Delevingne, le occhiaie di DeHaan), un rocambolesco scorrazzare qua e là nello spazio, un’avventura multipla condotta con euforia elettrizzante da un cantastorie che fino all’ultimo ci crede, nella sua storia come nel metaforone politico, semplice semplice, esplicito esplicito (il genocidio degli indiani d’America, sì, ma pure il bisogno d’integrazione, di unità attraverso il tempo e lo spazio, come nel bellissimo incipit accompagnato dalla voce di Ziggy Stardust).

Leggi anche la recensione di Lucy di Luc Besson

Perché Luc Besson in fondo è proprio come Bubble, il blob à la Flubber che sceglie i tanti volti di Rihanna (lei, con la sua bellezza extraterrestre, davvero sbucata fuori da una galassia lontana lontana) per scoprire centinaia di mo(n)di per ammaliare e to play, per recitare e per giocare: Valerian e la città dei mille pianeti è il Le mille e una notte di Besson, Sherazade sta dietro l’angolo, la formula è quella della moltiplicazione (vedi alla voce trasmutatore: il MacGuffin), anche se sotto sotto sappiamo che è tutto uno stratagemma, un camuffamento extrasensoriale di virtualità colorate e illuminate d’immenso (la sequenza del Grande Mercato/sala cinematografica, ove in tanti sottostanno alla medesima ipnosi, in una trance collettiva per scoprire un paese delle meraviglie impalpabile e in realtà irraggiungibile), e che proprio come le favole di Sherazade anche quelle di Besson sono un trucco per non farci addormentare (o per risvegliarci: il grido d’aiuto della principessa, la sua storia, si trasmette attraverso i secoli fino ad aprire gli occhi all’impigrito neoeroe); un gioco di prestigio per non far calare la notte su questo sogno infinito che chiamiamo cinema.

Condividi

Articoli correlati

Tag