HALLOWEEN: THE BEGINNING di Rob Zombie

REGIA: Rob Zombie
SCENEGGIATURA: Rob Zombie
CAST: Malcom McDowell, Daeg Faerch, Tyler Mane
ANNO: 2007

I’M FOREVER BLACK EYED, A PRODUCT OF A BROKEN HOME: ROB ZOMBIE, MAESTRO DEI REMAKE 

La terza prova dietro la macchina da presa di Rob Zombie, è la conferma di come questo sorprendente regista sia di fatto incapace di dirigere dei “semplici” film horror. Se La Casa del Diavolo altro non era che una riflessione ultraviolenta sullo sgretolarsi della famiglia, immortalata in zone limitrofe tra il western e la pellicola on the road, il nuovo Michael Myers si scopre adolescente smarrito e in cerca d’affetto, impegnato nel disperato tentativo di attirare l’attenzione di un patrigno nullafacente e di una madre lapdancer, tramite l’unica forma di espressione appresa durante la crescita: la violenza sui più piccoli e sugli indifesi (criceti, cani, gatti o compagni di scuola che siano). Eliminata nel periodo infantile la parte marcia del nucleo domestico (la figura paterna imposta e la sorella maggiore), torna a nascondersi in età adulta tra le stanze della casa natia, con l’unico fine di riallacciare un rapporto umano con il suo ricordo più caro (la sorella minore, che di lui non sospetta nemmeno l’esistenza). Ma se durante quelli che dovrebbero essere gli anni più felici della propria vita si è incamerato solo aggressività e distruzione, non cedere ai propri impeti latenti si rivela ben presto un’impresa impossibile. L’importanza di questo atteso e oltremodo pubblicizzato remake, quindi, è racchiusa nei suoi tre punti di forza: sceneggiatura, cura dei particolari e messa in scena di ciò che nel ’78 veniva solamente accennato. Rob Zombie si conferma abile story teller, e regala valore e personalità all’operazione intuendo quanto importante sia la delucidazione sulle radici del male, lasciate finalmente libere di esprimersi per quasi tutta la prima parte del film. Il cineasta guida lo spettatore durante i passaggi salienti relativi alla formazione psicopatica del giovane Myers, abbondando in particolari lì dove Carpenter, trent’anni fa, aveva saggiamente sforbiciato o, più presumibilmente, sorvolato. Un excursus chiarificatore all’interno del quale vengono tratteggiate con perizia le figure tormentante di mamma Myers (interpretata dalla signora Zombie, promossa ad un ruolo drammatico) e del Dottor Loomis (un MalcomMcDowell raramente così sugli scudi), che aggiungono al dipanarsi della vicenda pathos, dolore e profondità: qualità spesso fin troppo rare in un film dell’orrore medio. Curato e convincente anche il versante citazionistico e autoironico. Come nel prototipo, infatti, scorrono sul metacinematografico piccolo schermo le immagini in bianco e nero di The Thing (ma si riconosce anche un frammento delDracula di Tod Browing), Zombie, invece, ci mette del suo musicando con il brano degli HIM (Don’t fearThe Reaper i due omicidi post rapporto sessuale, al solo scopo di omaggiare, con un pezzo della band capace di costruire praticamente un’intera carriera sul legame indissolubile tra amore e morte, la classica chiave di lettura che vuole lo slasher movie rappresentazione cinematografica e sanguinolenta di eros e thanatos. Il resto viene rifinito dalla consueta abilità tecnica. La collaudata factory composta da Phil Pharmet(direttore della fotografia), Wayne Toth (effetti speciali e trucco) e Glen Rambaldi (montaggio), conferisce alla pellicola l’ormai riconoscibile “Zombie touch”, mentre il regista si inserisce nello stesso contesto a metà tra Psycho e Black Christmas individuato daCarpenter, limitando l’abuso di primi e primissimi piani lacerocontusi, sostituti con una serie di soggettive quasi d’epoca. Halloween – The Beginning mantiene un ritmo elevato e coinvolgente per tre quarti della sua durata complessiva, soffrendo di fiato corto solo nella sequenza finale, oggettivamente troppo lunga e un po’ tirata per i capelli, e perde ai punti il duello con l’originale quando si trova a bilanciare nel migliore dei modi le giuste dosi di suspense. Un dazio questo, da pagare obbligatoriamente quando si sceglie di mostrare la causa (il giovane Myers, al quale presta il viso il convincente e giovanissimo Daeg Faerch) che sta all’origine dell’effetto (le gesta del killer adulto, mosse dalla mano omicida del gigantesco Tyler Mane). L’impressione finale è che più di così, Rob Zombienon potesse fare. Ora la prova più dura per questo maestro indiscusso dei remake autorizzati e non (vedi La Casa dei 1000 Corpi), convincere gli ultimi scettici rimasti a puntare il dito sul suo nome con il nuovo progetto già in cantiere: il film d’animazione TheHunted World of Superbeasto.

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