Ricordando (l’)Argento (vivo)

LA SINDROME DELL’OPERA

Estate 2012. Vaga è sfuggente la data di distribuzione dell’ultimo Dario Argento, quel Dracula 3D che spaventa, anzi terrorizza al solo pensiero. Non per il contenuto, quanto per l’esistenza stessa del film. Da tanto, troppo tempo Argento sgomenta alla sola idea di sedersi di fronte ad un sua creatura, magari in sala, al buio. Come si faceva una volta. Non è un mistero, difficile che qualcuno si offenda nel leggerlo. Eppure Argento resta, e in quanto tale lo si continua a guardare. Magari per nostalgia, magari nella (vana) speranza di riconoscere, anche solo per un frammento di fotogramma, il regista che fu e che dalla fine degli anni ’80 sembra aver dimenticato di essere (stato). Estate 2012 dicevamo, dilatato arco temporale scelto per pianificare e attendere (?) l’arrivo di Dracula 3D, mentre già si vocifera lo slittamento del novello (pseudo) Stoker a novembre. Estate o inverno poco importa, per tentare di rimettere insieme i pezzi dell’Argento che fu c’è sempre tempo, spazio e modo. Seppur disordinato, comunque volenteroso. Senza pretese di riscriverne la storia critica, esaltarne il lato involontariamente trash o di trovare nei suoi film prospettive buie o angolature fin qui sconosciute ai più; ma semplicemente con la partecipe volontà di chi decide, su due piedi, di rivedere vecchie cose giustificando il tutto con una scusa qualsiasi. Come quella di un’uscita in sala prevista nel periodo più caldo dell’anno, per poi rivelarsi, alla fine dei giochi, clamorosamente sbagliata. Semplicemente con il desiderio di (ri)tornare a parlare di Argento (vivo), film dopo film, trilogia dopo trilogia, cadavere dopo cadavere, stregoneria dopo maleficio. Convinti, quello si, di quanto Opera e Non ho sonno meritino molta più considerazione rispetto a quella che generalmente gli viene concessa. Pronti quindi, a metterlo per iscritto.

Condividi

Articoli correlati

Tag