AMICI DI LETTO di Will Gluck

REGIA: Will Gluck
SCENEGGIATURA: Keith Merryman, David A. Newman, Will Gluck
CAST: Justin Timberlake, Mila Kunis, Woody Harrelson, Richard Jenkins, Patricia Clarkson
NAZIONALITA’: USA
ANNO: 2011
USCITA: 14 ottobre 2011
T.O: Friends with benefits

MR. & MRS. BACHECA

Will Gluck è quello che prende una scatoletta di tonno, la mette sopra un piatto e ti dice che ha cucinato.
Will Gluck è quello che fa una rima con “noia” e “troia” e ti dice che è un rapper.
Will Gluck è quello che fa le foto con la reflex e ti dice che è un fotografo.
Che ti porta fuori a cena il venerdì e ti dice che sei l’amore della sua vita.
Che ti vende roba di dieci anni fa con la confezione ideata ieri.
Will Gluck è quello che ti mette insieme delle riprese e ti dice che è un regista.

Amici di letto è una piaga (forse) inevitabile: lì dove convergono (sotto)generi (definiti e non) pop, sporchi, romantici, pseudomoderni, pseudoattuali fatti di volgarità friabile, amore (sempre nothing else but), spazi d’empatia, spazi d’ispirazione della commedia americana, vanno, tra contrazione e contrazione, a crearsi cisti, ernie, inevitabili degeneri, infezioni; il crocevia poco augurabile che si ritrova ad assomigliare sia ad un prodotto Apatow (e derivati) sia alla glassa scaduta di un JenniferAniston/AdamSandler/SarahJessicaParkergenerico-qualsiasi senza essere nessuno di questi, ma con la vanagloria immotivata di averli superati tutti, d’aver aggirato le barriere architettoniche sia del romanticismo da casalinga, sia della trivialità mitragliante (ma ormai non più tale, soprattutto se si tira in ballo lo strazio del “pubblico di riferimento”), sia dell’essere cool(quindi)moderno(quindi)smagliante-ad-ogni-costo.

Amici di letto sembra fatto più per assomigliare ad una bacheca di facebook che ad un film.
Più un affaccendamento da post-it (tanti e multicolore) che un atteggiamento istintivamente postmoderno.
Qualunque fantasma contengano i personaggi di Justin Timberlake e Mila Kunis, non ci è dato vederlo, tenuti in un bunker sotto il bombardamento senza sosta di tagli così veloci da far sembrare certe scene delle clip a sé stanti, quasi dei fermo immagine, dei click fatti di (non)vita propria: il rampantismo internettiano, youtube, i flashmob, la wii, l’ipad, l’arte moderna da appiccicare alle pareti, il sesso sportivo, musica ridicola ma amata dall’infanzia messi ad intervallare altrettanto chiari/condivisibili/vacui scambi di battute che cadono come dadi di vetro o, più semplicemente, come uno scroll assatanato di aforismi ed ironie; d’un parlare troppo (e) veloce (lo stesso che, diversamente, nel primo Muccino dava l’effetto di una scossa vitale), d’una scatola di colore e formato adatti a tutti ma dal contenuto inedito ed ineditabile, quasi una paura ad affrontare la banalità dell’amore (cinematografico), quasi a negare la carnalità (e il sesso a reparto stagno del plot compartecipa), e di conseguenza qualsiasi inclinazione narrativa ed emotiva, fino a non avere né membra né identità, ma solo il risultato video-e-ludico di un qualsiasi videomaker esaltato davanti al suo nuovo Final Cut sul suo nuovo Mac ed una sovrabbondanza di immagini da assemblare, a bocca spalancata come un bambino concentrato per quanti stacchi – e su quante cose – può eseguire.

Ma Will Gluck sembra dirlo chiaro fin dall’inizio, «Vaffanculo i personaggi» (diverso discorso per le interpretazioni): il logo della Screen Gems inglobato nel megaschermo touch di Timberlake, poi un gioco di montaggio – già schizofrenico, già esagitato, già insipido – che lo spaccia per il compagno di Mila Kunis e viceversa, quando invece sono rispettivamente trascuratore e trascurata (ed entrambi scaricati) all’interno di due differenti coppie, in due differenti città. Una farsa registica imbarazzante quanto una dissolvenza a stella nel video di un battesimo, nonché il battesimo vero e proprio dei suoi due Signor Nessuno, o Mr. & Mrs. Bacheca.
I due insieme deridono una commedia romantica alla televisione, con New York e le sue cartoline: un’ora dopo sono Woody Harrelson,Timberlake e Richard Jenkins con l’Alzheimer su un motoscafo a darne una peggiore.
Lei accoglie lui e gli fa girare la città: sembra un film delle gemelle Olsen, e vedendo le riprese di due flashmob si capisce quanta spremuta di Cinema ci fosse nelle sequenze musicali di Come d’incanto e (500) giorni insieme.
Una scena al ristorante tra Justin Timberlake e Richard Jenkins, preludio all’epilogo, che in mano a Cameron Crowe (come tutto Amici di letto, del resto – che altro non è che l’eco malato di Elizabethtown) avrebbe fatto crollare il cinema, mentre qui è solo una parentesi che quasi stona, prima che i due belli vadano a dirsi le loro battute finali: il rapporto padre-figlio qui conta ancor meno della musica, che già di suo è di mero random-pop, se una pessima versione di Boys don’t cry commenta la presa coscienza di un errore – ed è meglio Richard Kelly che in Southland Tales infilava con coscienza e prepotenza un vero e proprio videoclip con Justin Timberlake dubbato da Jason Flowerspiuttosto che i siparietti in falsetto che è qui ridotto a fare.

Siamo belli, anzi bellissimi.
Siamo yuppie, ma siamo al riparo da qualsiasi CFS perché siamo anche nerd.
Siamo devastati dalle nostre storie personali, ma siamo salvi perché ciò che conta sono le battute taglienti.
Siamo nati consumisti, e non invecchieremo mai.

Will Gluck in lista nera, colpevole di vanificare le performance dei suoi protagonisti coi suoi riflessi meta-sociologici, perché Amici di letto è un film vuoto sul vuoto, sull’edonismo inconsapevole, e sia Justin Timberlake (che cresce) sia Mila Kunis (che sta alla sensualità maschilmente rude come Zooey Deschanel sta al naif retrò) sembrano ingabbiati come con un maleficio dentro ad un non-film.

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