VENEZIA 2012 – Uno dei presupposti del successo è la mediocrità (Wim Wenders)

Qui P.H. E no, A.T era ubriaco, non ho mai detto che The reluctant fundamentalist sia il peggior film d’apertura degli ultimi (almeno) otto anni. E’, casomai, quello con meno attesa e hype, soprattutto per un festival che si ritiene tra i migliori del mondo come Venezia. Se parliamo di pura qualità, di sicuro il record di bruttezza è ancora del Giuseppe Tornatore di Baarìa e il suo spreco di qualsiasicosapossadefinirsicinematografico. Il film di Mira Nair, invece, è semplicemente medio, e forse ben descrive una certa linea editoriale di tutta la selezione di quest’anno: leccaculo, facile, rassicurante, e nulla più. In questo lido (siamo al 3° giorno) di sonnambuli e fantasmi ormai assenti, di lampi nel cielo e stampa sempre più ignorante, sembra rincorrersi proprio quell’idea e quella ricerca e assoluta volontà del film “medio”, del 3 cuori (se va bene), a confermare quanto avevamo predetto prima della partenza: Barbera e soci vogliono muoversi in territori sicuri, evitando la sfida che ogni volta lancia il cinema, la sua forza sovversiva. Così, Tai Chi O di Stephen Fung è bellin ma ben al di sotto di alcuni film precedenti del regista hongkonghese, mentre Bait 3d (nelle nostre sale col titolo Shark 3d) sembra un film da vedersi il sabato sera con gli amici in un chiassosissimo Warner Village (quale miglior esempio di rassicurante medietà, mediocrità?).

Persino Ulrich Seidl sembra aver sentito l’urgenza di girare un film meno impazzito e malato. Del tipo che se Takashi Miike fosse qui farebbe forse la figura di Ron Howard; e parlando di americani, il miglior film visto fin’ora a 48 ore d’inizio festival è At any price di Ramin Bahrani, secco sfascio famigliare con un immenso Dennis Quaid ufficialmente primo caldo candidato alla Coppa Volpi come Miglior Attore. L’opera di Bahrani odora di ghiaccio e paura del buio, di maleficenza da midwest: il fatto che abbia ricevuto diverse lamentele a fine proiezione stampa ci mostra ancora con chi abbiamo a che fare qui, e del perché spesso camminiamo per queste vie col cappuccio cercando di nasconderci, di non farci riconoscere dal branco di animali denominato critica. Ora, ce la filiamo in sala con sofisticati passi di moonwalk, incrociando le dita sporche gialle nicotina. Siamo solo al terzo giorno, e tutto è ancora da vedere. Attendiamo le pallottole. Vogliamo morire. Cheers

Condividi

Articoli correlati

Tag