C(o)unt to Zero Dark Thirty: STRANGE DAYS di Kathryn Bigelow

REGIA: Kathryn Bigelow
SCENEGGIATURA: James Cameron, Jay Cocks 
CAST: Ralph Fiennes, Angela Bassett, Juliette Lewis, Tom Sizemore, Michael Wincott
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 1995

L’ULTIMA NOTTE DEL MONDO

Strange Days di Kathryn Bigelow è un film in cui gli strani giorni del titolo evocano alle apocalittiche ore antecedenti l’avvento del nuovo millennio: il 2M. Una missione impossibile vede impegnati il pusher Lenny Nero e la sua amica Mace in una spettacolare corsa contro il tempo, mentre la città degli angeli brucia. Gli ultimi istanti del ventesimo secolo restituiscono agli occhi di chi guarda un affresco metropolitano memore di alcune atmosfere alla Blade Runner, con la cupa fotografia di Matthew F. Leonetti. Datato 1995 e, nonostante la storia sia ambientata appena pochi anni più tardi, il futuro mostrato ha ben poco di avveniristico. L’infame pestaggio da parte di alcuni sbirri ai danni del giovane Rodney King non è poi così lontano e i rimandi alle cronache dell’epoca appaiono evidenti. Questo lungometraggio nato dalla collaborazione fra due menti illuminate (la fantasia di James Cameron incontra la furia anarcoide della Bigelow) tuttavia rientra nel genere sci-fi e presenta in modo piuttosto rivoluzionario un’umanità schiava della tecnologia. L’idea della nuova droga, lo squid (strumento in grado di proiettare nella corteccia cerebrale dell’utente esperienze di vita altrui di ogni tipo) non è poi così geniale (Douglas Trumbull con mezzi e risultati differenti l’aveva portato sul grande schermo negli anni Ottanta con il suo Brainstorn, Generazione elettronica) ma l’estro visionario della regista rende l’esperienza davvero unica. Grazie a delle efficacissime soggettive (su tutte la sequenza d’apertura della rapina culminante in una morte in diretta, il terribile black-jack) la tenace californiana costringe lo spettatore a vivere sensazioni fortissime, trascinandolo anche nella stessa scena da vittima a carnefice. Il gioco degli specchi e la potenza di uno sguardo ora velato, ora nel pieno dell’inquadratura raggiungono livelli di immedesimazione impressionanti: il momento dello stupro della squillo obbligata a vedersi lentamente morire lascia ancora senza fiato. Strange Days però non esisterebbe senza i suoi indimenticabili personaggi e interpreti. Lenny (Ralph Fiennes) ex agente finito nel mondo del mercato clandestino dello squid: “confessore”, “uomo magico”, “babbo natale del subconscio” è l’esempio perfetto dell’antieroe. Cialtrone con uno spiccato vizio per la dannazione e il masochismo Fiennes passa da maschera slapstick ad amante tradito, fino a spietata arma per uccidere. Max e Philo (Tom Sizemore e Michael Wincott) due icone da fumetto: trasandato freak (quasi) insospettabile Bruto, Max è il lato oscuro e deviato della legge; l’attore canadese invece è un discografico divorato dalla paranoia, abita in un catacombale fortino assieme alla sua scalcinata corte dei miracoli punk. Ora le signore, e che signore. Mace (Angela Bassett) sembra uscita da certe eroine di Cameron: nera amazzone in sella a limousine per lavoro è l’unica figura femminile in grado di infondere amore e speranza. Faith (Juliette Lewis) frutto del peccato, anima perduta e una voce graffiante (basterebbe ricordarla mentre interpreta Hardly Wait di P.J. Harvey) rappresenta per Lenny il dolce naufragar nel mare dei ricordi e al contempo l’assoluto abbandono di un mondo senza emozioni votato alla solitudine. Da segnalare anche la bellissima colonna sonora di Graeme Revell con la partecipazioni di artisti del calibro di Skunk Anansie, Peter Gabriel, Deep Forest e Tricky, quasi un concentrato di rock, world music e trip hop. Nonostante alcune figure non perfettamente a fuoco (la caricatura dei due poliziotti violenti e razzisti) Strange Days consacra il talento di una delle cineaste più interessanti e mutevoli del panorama statunitense. Siano bikers, filosofi surfisti o sminatori chiamati a servire il Paese, l’arte di questa ragazzaccia ultrasessantenne mira ancora a coinvolgere il pubblico dal quale pretende una partecipazione attiva così da immergerlo in universi altri dai quali è difficile fuggire. Per una signora che imbraccia la macchina da presa come il fucile non è poco.

Condividi

Articoli correlati

Tag