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SIN CITY – UNA DONNA PER CUI UCCIDERE di Frank Miller e Robert Rodriguez: il ritorno della città oscura

sin city 1&2

REGIA: Frank Miller, Robert Rodriguez
SCENEGGIATURA: Frank Miller, Robert Rodriguez, William Monahan
CAST: Eva Green, Jessica Alba, Jospeh Gordon-Levitt, Juno Temple, Bruce Willis
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2014
TITOLO ORIGINALE: Sin City – A dame to kill for

Sei personaggi in cerca di vendetta, dark lady a gogo, fumose bische clandestine, senatori corrotti, personaggi sfregiati, investigatori privati, criminali. La città del peccato è popolata da anime inquiete, che pulsano di torbidi desideri e insane passioni. Questo è quanto promette e offre il sequel di Sin City, che arriva ora, a distanza di nove anni dal primo. Sempre a opera di Robert Rodriguez e Frank Miller, dalla graphic novel di quest’ultimo. Alcune storie di questo nuovo film sono dei prequel di episodi del primo, una invece è un sequel. Ci sono anche due storie inedite, scritte da Miller appositamente per il film. Complessivamente questo secondo capitolo cinematografico si rifà comunque alla seconda serie di Sin City, A Dame to Kill For.

Come il primo Sin City, e come il fumetto, un concentrato hard-boiled, in una città oscura, una Gotham City stilizzata, protagonista principale del film. Film che sfoggia una notevole sfaccettatura cromatica ed estetica, replicando quella della graphic novel, un bianco e nero in 3D con parti colorate all’interno dell’immagine, soprattutto le donne e i loro vestiti, ma anche il sangue, o con parti in negativo, le carte del gioco d’azzardo, o parti bianche. Sin City fumetto segnava l’approccio di Miller, lavorando per la casa editrice Dark Horse Comics, all’hard-boiled puro, in stile Mickey Spillane, dopo aver inserito e portato elementi di questo stile nelle sue serie supereroistiche come Daredevil. Miller rispettava alla lettera le regole del genere, risultando però alla fine artefatto, ripetitivo e anche visivamente troppo stereotipato. Problemi che si ritrovano nei film.

Ci sono perlopiù due approcci possibili, nel tradurre al cinema un fumetto. Quello che va per la maggiore, nell’epoca dei supereroi, funziona nel senso di puntare al maggior realismo possibile rispetto alle tavole originali, dando loro una profondità, migliorandole e al tempo stesso travisandole quasi come se se ne vergognasse, creando una nuova estetica cinematografica che non ha nulla a che vedere con quella dei fumetti. C’è poi una via meno battuta che consiste al contrario nel cercare di far combaciare, di ricalcare l’estetica originale nello sforzo di andare in senso antinaturalistico, anche nei casi di grafiche molto stilizzate, aiutati ormai dalla computer grafica con cui si può fare tutto. Un esempio lampante in questo senso è il Dick Tracy di Warren Beatty, che risale addirittura all’epoca predigitale, o il Tintin di Spielberg. Mimetici rispetto ai rispettivi fumetti sono stati anche 300, sempre da Frank Miller, e Watchmen, da Alan Moore e Dave Gibbons, entrambi diretti da Zack Snyder, entrambi cercando di conservare il grande fascino figurativo delle relative graphic novel.

Nel collocarsi manifestamente in questa seconda categoria, Sin City – Una donna per cui uccidere mostra tutti i pregi, ma anche i tanti limiti, di questo tipo di approccio. Da un lato, si diceva, i tanti preziosismi estetici, una monocromia interrotta da sprazzi di colore, un’atmosfera dark. Ma soprattutto il 3D che non contraddice l’aspetto bidimensionale della graphic novel. La grafica di Miller è talmente ricca, densa, ricercata ed elaborata da corrispondere alla profondità e allo spessore tridimensionale. Il risvolto negativo riguarda il fatto che questo tipo di lavoro di mimesi, cinema su fumetto, non può che essere rivolto, per accontentarla, a quella ristretta nicchia di cultori dell’opera originale. Si tratta quindi di un’operazione d’elite in definitiva sterile. Il tentativo di rifare il fumetto visivamente, lavorando a un effetto illustrazione, comunque non riesce fino in fondo e scivola in un effetto vignettistico, caricaturale. Solo sulla carta l’opera artistica di Miller può definirsi compiuta.

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