in sala

ENDER’S GAME di Gavin Hood

ENDER'S GAME

REGIA: Gavin Hood
SCENEGGIATURA: Gavin Hood
CAST: Asa Butterfield, Harrison Ford, Ben Kingsley, Abigail Breslin
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2013

Master of puppets, I’m pulling your string
Twisting your mind and smashing your dreams
Blinded by me, you can’t see a thing
Just call my name ’cause I’ll hear you scream
Master
(Master of puppets – Metallica)

Chi ha avuto la fortuna di imbattersi nel romanzo Premio Hugo e Nebula di Orson Scott Card del 1985 non farà fatica ad ammettere che questa trasposizione a firma Gavin Hood è ben poca cosa. Il cinema aveva già conosciuto la lotta all’ultimo sangue fra i terrestri e una razza aliena di insetti giganti con Starship Troopers di Paul Verhoeven, adattamento di un altro grande volume di uno dei padri del genere, Robert A. Heinlein. L’artista olandese aveva portato sul grande schermo quella storia con un tocco personalissimo e un gusto estetico per lo sberleffo, la provocazione e i toni sempre sopra le righe, consegnando agli spettatori un curioso esperimento di pastiche di generi. Con tutti i suoi limiti anche Ender’s Game funziona e avvince. Vuoi perché il cast è perfetto, a cominciare da quel piccolo genio di Asa Butterfield, precipitato dal rifugio dickensiano di Scorsese in questo nuovo racconto di formazione, tra guerre simulate, un pianeta da salvare e un nemico da conoscere così a fondo “da amarlo per poi annientarlo”; vuoi perché Harrison Ford nello spazio fa sempre la cosa giusta non muovendo un muscolo di più di quelli richiesti per la caratterizzazione del personaggio; vuoi ancora perché quando Sir Ben Kingsley decide di recitare buca il grande schermo (ipnotico il suo Mazer Rackham, guerriero maori e spirito guida) apparendo solo in poche sequenze. Pazienza se la prova di Viola Davis non supera la sufficienza e se una volta scesa da cavallo e anni luce dal selvaggio west Hailee Steinfeld mostri ben poca grinta rispetto a certe prove precedenti. Dopo la sbornia post Oscar di Tsotsi, Hood non aveva certo brillato di luce propria a Hollywood: opaca e piuttosto inoffensiva la sua sortita tutto impegno e passione civile in Rendition, bislacca e dimenticabile l’immersione nel cinecomic con le origini di Wolverine (opera tra l’altro sceneggiata dall’americano David Benioff, tra le penne di punta della serie Il trono di Spade). L’uomo con la macchina da presa di Johannesburg qui si muove con destrezza riuscendo a regalare alcuni momenti decisamente forti per una pellicola destinata ad un pubblico di ragazzi. Ci voleva poi l’entusiasmo di Alex Kurtzman e Roberto Orci e la benedizione dello stesso Scott Card per mettere in scena l’universo del talentuoso Andrew (Ender) Wiggin, terzogenito assai “speciale” in una società impostata sul limite di due figli per nucleo famigliare. Diviso fra un fratello troppo violento e una sorella inadatta all’arte della guerra, egli sembra essere l’eletto, la speranza su cui punta la Flotta Internazionale che deciderà di assoldarlo tra le proprie fila sottoponendolo a durissime prove mentali e fisiche al fine di renderlo nel minor tempo possibile un vero leader. A pochi giorni dall’uscita del nuovo capitolo di Hunger Games diretto da Francis Lawrence (si spera sia tornato ai fasti dello spassoso Constantine) la settima arte continua ad offrire alla platea, ben identificata, dignitosissimi blockbuster dove l’avventura si fonda con una sorta di morale mai fine a se stessa.

Condividi

Articoli correlati

Tag