CONTEST ANDREJ TARKOVSKIJ: L’INFANZIA DI IVAN

REGIA: Andrej Tarkovskij
SCENEGGIATURA: Vladimir Bogomolov, Mikhail Papava
CAST: Nikolai Burlyayev, Valentin Zubkov, Yevgeni Zharikov, Stepan Krylov
NAZIONALITÀ: Russia
ANNO: 1962 

Primo lungometraggio di Tarkovskij, L’infanzia di Ivan è un film sull’infanzia uccisa dalla guerra. Ivan è un bambino che la guerra e la violenza hanno trasformato in un folle, un mostro, un martire. È, come tutti i bambini, la più innocente e incolpevole vittima della guerra. È un fantasma che agisce in modo esagitato, angosciato, come un automa ossessivo. Ha assimilato sentimenti e comportamenti da adulto, sembra a un primo sguardo non avere più nulla di infantile. Eppure in lui sentimenti da adulti, scatenati dall’azione degli adulti, come l’odio o il desiderio di vendetta, coesistono con sentimenti e bisogni dell’infanzia. Ivan preserva la tenerezza dell’infanzia, nella ricerca di un padre putativo che possa sostituire quello vero e perduto, e nei suoi sogni edenici e luminosi. Come la coscienza di Ivan, il film si divide tra reale e virtuale, tra la vita che è, e la vita che è stata o che avrebbe potuto essere. Da una parte abbiamo morte, guerra, oscurità, solitudine, dolore, odio (cieli neri, infernali figure fangose, alberi scheletrici); dall’altra parte, abbiamo la vita, la pace, la luce, l’angelica madre di Ivan, la serenità, l’amore, il desiderio di libertà (i sogni pieni di natura, di luce bianca, di acqua come simbolo materno, sogni raffiguranti un mondo contadino, un paradiso arcadico di purezza perduta). È pur vero che nel film i sogni hanno sostanza reale e oggettiva, e la realtà ha l’apparenza di un incubo: reale e virtuale si confondono. Come scrisse Jean-Paul Sartre, per Ivan il mondo è un’allucinazione, e lo stesso Ivan è per gli altri un’allucinazione. Ivan è «una personalità distrutta, che la guerra ha spinto fuori dal suo asse normale» (Tarkovskij). La guerra è vista come una calamità innaturale che distrugge la vitalità, la speranza, l’umano; è la fine di ogni comunicazione, è sempre ingiusta, mai giustificata, è il Male totale. Per Ivan, la guerra è un modo di sfogare la rabbia, qualcosa che gli si è iniettato dentro e lo ha contaminato. La guerra e la morte di Ivan sono per l’umanità, per la Storia, come scrisse Sartre, una «perdita secca». Emerge il tema della Storia come perdita, come irrazionalità: «La società degli uomini progredisce verso i suoi fini, e tuttavia quel piccolo morto rimane una domanda senza risposta che non compromette nulla, ma che fa vedere tutto sotto una luce nuova: la Storia è tragica» (Sartre). In Tarkovskij, questo pessimismo della Storia convive con la speranza insita in una visione cristiana della vita.

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