A BETTER TOMORROW di Song Hae-seong

REGIA: Song Hae-seong
SCENEGGIATURA: Hyo-seok Kim
CAST: Joo Jin-mo, Song Seung-hun, Kim Kang-woo, Jo Han-sun
NAZIONALITÀ Corea del Sud
ANNO: 2010
TITOLO ORIGINALE: Moo-jeok-ja

A BETTER “A BETTER TOMORROW”?

Mentre John Woo era impegnato, in Cina, a realizzare stucchevoli e insipidi film epici e wuxia, in Corea del Sud è stato concepito il remake di uno dei film più importanti della sua carriera, A Better Tomorrow (1986), nella sua fase più alta, quella degli action-noir della seconda New Wave del cinema di Hong Kong. Con il beneplacito dello stesso Woo, che ha partecipato all’operazione in veste di produttore esecutivo, torna così il mitico trio di eroi, che avevano i volti di Ti Lung, Chow Yun-Fat e Leslie Cheung, legati dagli stessi vincoli sanguinei e d’amicizia tra loro in conflitto.

Con Moo-jeok-ja, che letteralmente significa “invincibile” – ma come titolo internazionale è stato mantenuto quello del film precursore – il regista Song Hae-sung ripercorre a grandi linee il canovaccio della storia di Woo, ma vi apporta anche significative modifiche. La cosa più interessante riguarda il fatto di connotare i due fratelli protagonisti, che nell’originale erano Ti Lung e Leslie Cheung, come due profughi dalla Corea del Nord. Quello che interessa al regista sono i temi della riunificazione famigliare di esuli, dell’esilio forzato o cercato, che rincorre fin dalle sue prime opere, Failan e Rikidozan. E la chiusura struggente del suo A Better Tomorrow, una foto sbiatita in bianco e nero dei due fratelli da ragazzi in Corea del Nord, un’esaltazione dell’amor fraterno di due uomini separati, prima e due volte, per barriere geografiche e geopolitiche, e poi per la opposta impostazione della propria vita, l’uno gangster e l’altro poliziotto, riunificati e poi ancora uniti nella morte, suggella questa poetica.

Altre importanti variazioni sono rappresentate dall’aver eliminato l’assassinio del padre dei due fratelli e dall’aver tolto il personaggio della fidanzata del minore dei due, forse perché di disturbo ai rapporti virili dei tre personaggi o forse semplicemente perché una storia sentimentale che doveva giocoforza essere raccontata ex novo, essendo il personaggio appena giunto in Corea del Sud, sarebbe stata di disturbo all’economia narrativa complessiva.

Altro cambiamento fondamentale è quello del finale, che ricalca in realtà quello di The Killer pur con una variante che rende il tutto ancora più tragico e toccante. Ma è significativo che, accorpando situazioni da film diversi, Song Hae-sung offre un concentrato di quella poetica che John Woo ereditava dai western e dai polar, da Peckinpah a Melville. C’è quella specularità – non a caso le due figure simbolo sono fratelli – tra il poliziotto dai metodi non convenzionali, che si svincola dalle pastoie burocratiche, ostacolo al conseguimento della giustizia, e la cui etica lo può portare a uccidere per vendetta, e il gangster che ha le sue regole deontologiche e rispetta un suo codice d’onore. Dall’altra parte ci stanno i poliziotti inefficienti e corrotti e i villain veri e propri, rampanti, vigliacchi, infidi e traditori. C’è quell’amicizia virile, e quell’amore fraterno, fatta anche di momenti toccanti, di tenerezza. E un rapporto tra fratelli, accentuato dalla condizione di rifugiato, come si diceva, che deve passare attraverso una serie di tappe, tra cui la redenzione e il sacrificio. «Ti chiamerò fratello, ma non voglio vederti mai più», dice verso la fine il minore dei due. E poi il regista coreano riesce a infondere al film quella stessa atmosfera metropolitana cupa, quella dimensione noir da Città nuda, del film originale.

Song Hae-sung riesce a giocare contemporaneamente sui binari della reinvenzione e dell’omaggio rispetto al modello di partenza. Nell’ambito di un film nuovo e diverso, fioccano le citazioni e gli ammiccamenti. Da subito il personaggio equivalente a quello di Chow Yun-Fat si presenta con i Ray-Ban d’ordinanza, un completo bianco invece che nero e un Chupa-Chups in bocca in luogo della sigaretta. La scena della fabbricazione di banconote false è sostuita da una in cui i pacchi di soldi contraffatti vengono nascosti nel ventre di pesci. Una cantante che si esibisce in un night richiama esplicitamente The Killer. Lo sterminio della gang tailandese è compiuta, come tipico di Woo, da un killer solitario con due pistole. E allo stesso tempo Song Hae-sung non indugia più di tanto sulle sparatorie ed è capace di inventare scene madri inedite come quella, notevole, della gara di assemblaggio delle pistole.

Un remake che non sfigura rispetto all’originale, che riesce a tributare il maestro senza ridursi a questo, ma andando ben oltre.

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