VENEZIA 2012 – Odiamo Assayas e desideriamo la sua morte

Grazie. Come un fulmine a ciel sereno è approdato qui al lido l’ultimo immenso magnifico bellissimo film di Kim Ki-duk, Pieta, opera per cui finalmente tifare fino alla morte, contro tutto e tutti. Dopo la supplica di Arirang, l’autore coreano torna in scena con un lavoro che stupra emotivamente regalandoci la tanta attesa morte e resurrezione – trasfigurazione audiovisiva cinematografica – sovrimpressione esistenziale del noi cinema noi nel cinema noi col cinema l’amore la masturbazione l’arte la grazia illuminante. Così come è meraviglioso rivedere Takeshi Kitano su grande schermo, che “tutti credevano morto” (cit.) ma ancora capace di bucare lo schermo con un solo sguardo già cinema, già storia Storia (nostra, sua): Outrage Beyond è meno bellissimo dei suoi capolavori, ma comunque spassosa opera meglio del predecessore, con un regista che a più di due decenni dal suo debutto, si riconferma così naif da aprire miscelare ricostruire la propria grammatica filmica con l’innocenza di un debuttante ma con certi squarci d’intensità la cui vita solo un grande autore riesce a dare.

Tornando invece in territori tristi, non so quale miracoloso evento sia riuscito a farci alzare dal letto per portare le chiappe all’ultimo Olivier Assayas, Après Mai, così come non abbiamo mai compreso l’amore militante che molta parte della critica (anche la fetta che bene o male rispettiamo) ha verso questo autore. Come conferma delle nostre peggiori paure, le accoglienze sono state incredibilmente calorose, e il film è una rottura di coglioni anestetizzato asettico disumano dalla forma elementare e dal gusto inutile, lontano anni luce dai sognatori di Bertolucci e dagli amanti regolari di Garrel. Noi odiamo Assayas e desideriamo la sua morte.

Fuori Concorso, non male Disconnect di Henry-Alex Rubin, film corale (prossimamente distribuito in Italia dalla Filmauro) sulle possibili conseguenze dell’abuso di social networks:  a.t è scoppiato a piangere (!!!!!!!), intrecci fluidi, chiarezza cristallina e ritmo efficiente fanno dell’opera una sorella maggiore e più bella del Crash di Paul Haggis, nonostante dei ralenti scultissimi che fanno entrare il trash da più angoli.

Infine, è passata in laguna anche la danese Susanne Bier con All you need is love, che lascia momentaneamente da parte i suoi tratti registici più riconoscibili per girare un film che guarda alla commedia sentimentale più commerciale. Interpreta Pierce Brosnan e il risultato vale un pomeriggio di ridotto cinematografico durante il prossimo autunno.

Cheers.

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