C(o)unt to Zero Dark Thirty: IL MISTERO DELL’ACQUA di Kathryn Bigelow

REGIA: Kathryn Bigelow
SCENEGGIATURA: Alice Arlen, Christopher Kyle
CAST:  Sean Penn, Elizabeth Hurley, Catherine McCormack, Sarah Polley, Josh Lucas
NAZIONALITÀ: USA
ANNO: 2000

L’AZIONE E’ INTROSPEZIONE

Nella filmografia di Kathryn Bigelow il duemila rappresenta il passaggio netto dalle adrenaliniche scene di film come Blue Steel e Point Break e dalle oscure atmosfere distopicche di Strange Days ad un tipo di narrazione più distesa e dalle forti tinte noir che, suo malgrado, andranno ad influenzare la poetica della cineasta di San Carlos nelle sue opere successive (compresa l’ultima, il bellissimo Zero Dark Thirty). Un film piccolo Il mistero dell’acqua e quasi passato in sordina all’epoca, che però, ha dato modo alla regista di riprendersi dalla mancanza di ispirazione e di idee post Nero e company e di sviluppare una maggiore sensibilità nella caratterizzazione dei personaggi.
Una barca, quattro protagonisti e due storie in parallelo che si sviluppano a oltre un secolo di distanza costituiscono il cardine principale di questa seduta psicanalitica in mare aperto. A metà strada tra ambientazioni alla Antonioni di L’avventura e tensioni thriller alla Philip Noyce di Ore 10: Calma piatta, la Bigelow cala sé stessa e lo spettatore in una storia sospesa tra sogno e realtà in cui le due cose si fondono per trasformare l’abituale adrenalina delle scene d’azione nell’introspezione dei suoi protagonisti.
La struttura è quasi del tutto nuova rispetto ai film fin lì prodotti dalla ex moglie di James Cameron, dove fotografia, montaggio e direzione degli attori si avvicinano più a una concezione filmica europea, continuamente citata e omaggiata (da Il coltello nell’acqua a L’Atalante), che non al mainstream hollywoodiano. Le tante analessi (la costruzione narrativa di alcune di esse è davvero complessa) disseminate all’interno del film non servono solo a dare ritmo al racconto ma anche per giocare con gli stilemi del genere cercando di svelare abbastanza ma lasciando sempre un retrogusto di incompleto, di torbido. A tal proposito miglior scelta della allora splendida Liz Hurley non poteva esser fatta, corpo statuario e sguardo furbescamente lascivo che seduce e inganna (in tal senso è ormai celebre la scena del cubetto di ghiaccio) protagonisti e spettatori dando ancor più peso alla capacità della Bigelow di saper lavorare a più livelli su sceneggiatura, scelta e direzione del cast. Inoltre non è difficile ritrovare alcune caratteristiche psicologiche e comportamentali del personaggio interpretato da Sean Penn, Thomas Janes, in quelle del Sergente William James (Jeremy Renner) di The Hurt Locker o della Maya (Jessica Chastain) di Zero Dark Thirty.
È come se la linearità della storia ambientata nel passato de Il mistero dell’acqua fosse diventata l’ossatura principale di tutte le storie raccontate successivamente dalla Bigelow e la psicologia dei personaggi del presente, la Bibbia sulla quale è stata costruita quella dei protagonisti contemporanei. Chi guarda a The Weight of Water (titolo originale che letteralmente sta a significare il peso dell’acqua) come ad un’opera minore della Bigelow si lascia sfuggire tanti piccoli tasselli che fanno sì che questa donna sia un’artista della settima arte e non una semplice regista. Una donna che ha saputo rinnovarsi e costruire una nuova poetica in grado di affondare le proprie radici nei suoi esordi ma al contempo di interrogarsi e confrontarsi con la contemporaneità del cinema mondiale. Probabilmente una dei pochi che è stata capace di farlo in maniera così netta e ardita, chiedete all’Academy…

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