VENEZIA 2010 – Giorno 7: the last (strange) circus

Dopo le alluvioni (non solo dallo schermo, ma anche dal tetto, visto che ora la sala stampa è ridotta ad una spelonca gocciolante) inverse – tendenza non sempre prolifica di ridursi all’osso del Cinema – è ad una guerra amorosa tra pagliacci che ci dobbiamo rifare per salvarci. Almeno due volte.

Il gesto coraggioso di quest’anno di Muller & soci non solo è quello di portare Alex de la iglesia in concorso, ma di portare Alex de la Iglesia con uno dei suoi film più totali: Balada triste de trompeta aka The last circus; un delirio cinetico, corporale, iconico, costumistico, iperbolico in cui gli strilli dei film exploitation 70′s venissero incarnati di scena in scena, in un montaggio senza senno di convenzioni narrative (accelerato rispetto agli alti e netti ritmi del regista): sesso, violenza, vendetta, furia, paura, terrore, raccapriccio.
E’ come se le fantasie di un quindicenne siano state frullate e così, crude, date (e l’immagine qui sopra è tra le più sane del film) all’horror al pulp al gotico. L’amore stesso, soccombe (assieme agli sentiment(alism)i) per puro dovere verso la totale mancanza di freni.
Follia fagocitante, forse il picco di quelle mai viste a Venezia, in concorso, de puta madre.

E sembra di trovarsi ad un fantafestival, se poche ore dopo ci viene regalato Cold fish di Sion Sono (purtroppo solo in Orizzonti), che, con un’intimità più accentuata del solito (che una vocetta endemica richiamerebbe come una Sofia Coppola fatta di morbosità e violenza crude), è nuova odissea; questa volta solo tangenzialmente (post)adolescenziale; nuova umiliazione/disprezzo per la figura del maschio-padre, nuova vetta dilatante (le apocalissi di Sion Sono nascono sempre da un piccolo odio, moltiplicato per mille) e demiurgica (chè è il primo elemento a far rabbrividire, per la lucidità con cui riesce a gestire i propri giganti narrativi). Totale, anch’esso (da sperare che P.H abbia qualche parola da spendervi).

Ah. Marco Bellocchio ha fatto un film, Sorelle mai, con una videocamerina (e qualche frame de I pugni in tasca) che adesso neanche i telefoni da 19 euro, girato a singhiozzi tra il 1999 e il 2008, ben narrato, senza alcuna venatura ma dal vag(hissim)o sentore sperimentale.

Delirate, ma non impazzite.

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