I MERCENARI – THE EXPENDABLES di Sylvester Stallone

REGIA: Sylvester Stallone
SCENEGGIATURA: 
Sylvester Stallone, Dave Callaham
CAST: Sylvester Stallone, Jason Statham, Jet Li
ANNO: 2010

COME BACK TO ME A WHILE:
STALLONE E L’OSSESSIONE DEL RITORNO

E’ ormai evidente che il Cinema di Stallone sia pervaso da un’ossessione (morale e spirituale) per il ritorno. Ce lo hanno dimostrato precedentemente Rocky Balboa John Rambo, fantasmi ri-evocati dal passato, auto-affermazione del e nell’oggi, esorcismo catartico per ritrovare (nuovamente) la propria posizione nel caos (Rocky eastwoodiano in dissolvenza, Rambo che ritorna a casa). Ora, il nuovo capitolo con The expendablesI Mercenari, che se da una parte vede il riaffiorare di tante icone retrò, dall’altra fa del ritorno l’unica estrema via di salvezza della propria anima.

Plot al grado zero, ma il giusto necessario per farsi evocazione e storia, mettendo a nudo l’esistenza dell’eroe targato eighties: Anche stavolta, quello di Stallone è una lezione di Cinema, e spiega perfettamente in 103 minuti i principi e la morale dietro i film dei duri anni 80’, quell’action fracassone e iper-fisico che però ha dietro di sé l’ombra di Clint Eastwood, vedendo una redenzione che passa tra la morte e il sangue. E’ necessario, ancora una volta, passare attraverso la morte (anzi: il morire stesso) prima di poter finalmente essere vivi. Per questo, la scena più forte e profonda del film è lasciata all’icona Mickey Rourke, uomo/attore morto prima di poter rivivere in The Wrestler, in un monologo che strappa il cuore e sanguina autentico eroismo noir.

Stallone è lì, ha 64 anni, picchia tutti ed è invincibile, pieno gonfio di botox e con ormai una plastica facciale al posto del viso: l’immagine è quella di un perdente disperato che trova nel Cinema (o di nuovo, in un ritornare al Cinema, nonostante tutto) l’unica via per rinascere; per questo I mercenari è commovente, perché il Cinema si è accorpato alla vita, e si percepisce, oltre la pellicola, tutto il sudore, le lacrime e il sangue della sua realizzazione. E’ commovente perché “E’ finita si dice alla fine”, come se The expendables non sia poi così diverso da Space cowboys, da una riflessione sul tempo e sulle occasioni che ci offre, mai tardivamente.

Al suo ottavo film, Stallone ci regala la sua opera più dinamica e pirotecnica, con sequenze d’azione che farebbero invidia ai Mission impossible et similia, dimostrando come l’autore abbia ormai piena padronanza del linguaggio cinematografico: Stallone balla sul ritmo in prima persona (come ai vecchi tempi, le contro-figure sono abolite), si spacca probabilmente qualche ossa, ma anche lì, il dolore è la vittoria, la propria essenza di corpo fatto e nato per il Cinema.

Battute da duri e puri, secche, senza inflessioni. Riflessioni sul mestiere (Jet Li in primis, con le sue paranoie), ludica reunion che è un dono allo spettatore, una festa (da standing ovation la comparsata di Schwarzenegger). L’eterno innegabile ritorno. The expendables è tutto questo e anche di più.

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