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SHADOW

REGIA: Federico Zampaglione
SCENEGGIATURA: Federico Zampagliene
CAST: Jake Maxworthy, Karina Testa, Nuot Arquint
ANNO: 2009

 

A CURA DI PIERRE HOMBREBUENO


MISTERI DELLA FEDE

Il problema di Shadow non risiede tanto nel fatto che è un insieme di clichè (il posto sperduto in montagna, gl’inseguimenti nei boschi, la sala tortura col solito freak di turno), in quanto nel Cinema di genere il luogo comune diventa addirittura necessità per la propria affermazione di (orgogliosa) appartenenza; il difetto di Shadow sta invece nel fatto che questi topos richiamino irrimediabilmente altri film in cui erano sviluppati meglio. In sostanza: Shadow è film già visto ma visto meglio altrove.

Basti sfogliare l’ultimo numero di Nocturno, con il dossier dedicato al cinema horror indipendente italiano per rendersi conto che il panorama pulula di ricchi sottoboschi invisibili dove scovare gemme e autori assetati di carne e sangue, film che non trovano una distribuzione se non all’estero, ancora una volta a confermare deliri, contraddizioni ed errori del belpaese. Se da un lato è giusto gioire dell’arrivo in sala di Shadow, in quanto prodotto horror italiano senza l’appoggio di nessuna major (di per sé un piccolo miracolo qui da noi), dall’altro lato è innegabile chiedersi il perché trova un’uscita in sala proprio questo film, quando chiunque bazzichi un po’ il giro è ben consapevole dell’esistenza di opere sicuramente più meritevoli. Chiamarsi Zampaglione è certamente un vantaggio (anche se trattasi di un vantaggio limitato, dato il flop del suo precedente Nero Bifamiliare), resta il fatto che Shadow è un horror for dummies, pellicola per chi si accontenta (e quindi gode) o travisata dai fedeli come nuovo sdoganatore del genere fra le nostre sale, ennesima chiave che promette di aprire mille porte per poi finire nel dimenticatoio più becero (vedisi Imago Mortis). Certo, rispetto al suo precedente film, è palese in Shadow una maggior consapevolezza registica da parte del vocalist dei Tiromancino, l’atmosfera della torture room ha l’evocazione del lercio, e il twist, per quanto già affrontato da diversi film, funziona per aprire il sottotesto politico e sociale più evidente. Ma siamo ancora lontani anni luce per riuscire anche solo a toccare le vette delle opere horror che hanno fatto la storia del nostro Cinema, e in diversi momenti Zampaglione sembra quasi auto-censurarsi ricorrendo al contro-campo o al fuori-quadro invece di mostrarci il vero sadismo dell’orrore; che l’essere voyeur sia una prerogativa di certo horror non è un mistero, ma il regista sembra tapparsi volutamente gl’occhi, in quanto è il primo ad avere paura, a non voler rischiare. Per questo Shadow finisce ad essere, alla fine dei conti, un film inutile, che lascia freddi, senza entusiasmi seppur senza bestemmie. Un’occasione sprecata che ri-apre la solita scia di domande a cui continuiamo a non trovare risposta: Perché, fra i tanti prodotti horror nostrani, proprio Shadow è riuscito a trovare una sua distribuzione nelle sale? Chi ha potuto permettere tutto ciò? Queste suddette persone che detengono il potere di scegliere quali film horror italiani far uscire hanno mai visto un film di Lucio Fulci o Ruggero Deodato? Perché Alex Infascelli ormai esce solamente in edicola, mentre Zampaglione è accolto come il nuovo messia liberatore? Misteri della fede.

 

(24/05/10)

 

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