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e (ancora per poco) sulla pagina del vecchio dominio

CRONACHE DA VENEZIA 2011

Sezione in riallestimento (spiacevole sbavatura), doverose scuse senza scusanti. Rimettiamettiamoci, per ora, alla vecchia (ma completa) versione
(è possibile che in alcuni casi sia necessario sostituire il dominio "com" con "it" nella barra degli indirizzi)
A cura di Luca Lombardini

REGIA: Zack Snyder
SCENEGGIATURA: Zack Snyder, Kurt Johnstad, Michael B. Gordon
CAST: Gerald Butler, Vincent Regan, David Wenham
ANNO: 2007

CON IL FERRO E CON IL SANGUE

Quando Will Eisner, padre del fumetto moderno, coniò il termine “graphic novel”, non avrebbe potuto immaginare un concretizzarsi migliore di 300 per il suo neologismo. Per analizzare il film infatti, non si può non partire dalla meravigliosa opera originale firmata Frank Miller, un capolavoro di elaborazione cromatica e di ricerca grafica che definire fumetto suonerebbe, mai come in questo caso, fuori luogo. E pensare che l’autore di Ronin, Sin City, Batman: il ritorno del cavaliere oscuro, aveva sbattuto la porta in faccia ad Hollywood dopo i flop di critica e pubblico relativi al secondo e terzo Robocop, pellicole fallimentari delle quali aveva curato la sceneggiatura. Un rifiuto a concedere il lascia passare per la trasposizione cinematografica delle sue creazioni terminato grazie al paziente lavoro ai fianchi di Robert Rodriguez che, pur di realizzare un film ispirato ad una delle sue fatiche più rappresentative, gli ha permesso di presenziare come regista nel riadattamento per il grande schermo di Sin City. Forte di una maggior considerazione nei suoi riguardi, Miller decide non solo di prestare le sue tavole al cinema, ma di concedere a quest’ultimo il suo lavoro maggiormente sentito: 300. Per assurdo però, fare della critica verso l’ultimo lavoro di Snyder equivale a perdere del tempo, per il semplice motivo che già si conoscono gli schieramenti cinefili che andranno ad analizzarlo: chi non conosce il romanzo grafico taccerà la pellicola di freddezza digitale, pur elogiandone l’apparato fotografico. Chi vede il cinema solo e sempre come protesi virtuale della realtà contemporanea mondiale invece, si appellerà alla rappresentazione della violenza e all’elogio della forza bruta come unico perno della storia. Il fatto è che per carpire la vera magia di 300, come quella di Sin City del resto, bisogna conoscere a fondo Miller e la sua carriera, aver amato le sue creazioni e riuscire a passare sopra alla sua latente ideologia destrorsa. Parlare di abuso della computer grafica non ha senso, perché, se si sfoglia anche solo per pochi secondi il meraviglioso 34x60 edito in Italia da Magic Press (chi non lo possiede corra a comprarlo, saranno i 25 euro spesi meglio della vostra intera esistenza), ci si accorgerà che il famigerato blue screen è l’unica strada percorribile per trasmettere sullo schermo le stesse emozioni che arrivano dalla carta. Così come non ha senso parlare di ambiguità del messaggio all’interno della rappresentazione insistita e non catartica dell’aggressività spartana, magari tirando in ballo l’antidemocrazia presente nella cultura del dolore di Leonida e del suo popolo. Una scappatoia troppo rapida e troppo scontata, la stessa percorsa a gambe levate da chi bollò come “reazionarie” alcune delle performance dietro e davanti la macchina da presa di Clint Eastwood. 300 di Zack Snyder è un’accurata ricostruzione storica dell’essere spartano, una cultura totalmente militarizzata dove competizione violenta, codice d’onore, lealtà e senso del dovere erano naturali come il respiro. Una società dura e spigolosa che per prima però (ma questo nessuno sembra notarlo), ha dato libertà e visibilità al ruolo della donna, un’indipendenza che il regista sottolinea marcando a fondo la sagoma di Gorgo, regina di Sparta e moglie di Leonida, qui alle prese con un livello di caratterizzazione enormemente superiore alla quasi invisibilità dell’opera milleriana. Detto ciò, ecco che anche le accuse provenienti in questi giorni dagli eredi genealogici dei persiani, di cui si è fatto portavoce il premier iraniano Ahmadinejad (quello della conferenza sull’invenzione dell’Olocausto per intenderci), risultano prive di fondamento. In 300 i seguaci di Serse, più che come sanguinari, sono rappresentati come un groviglio di popolazioni orientali oppresse con la forza da un tiranno egocentrico che si crede divinità ultra terrena. Un uomo dall’agghindarsi effeminato (simbolo questo di decadenza di un impero giunto al culmine del suo apogeo) che cerca di conquistare ancora una volta ciò che non è suo, finendo per venir schiacciato dalla grandezza stessa dei suoi mezzi e dalle spropositate dimensione della sua arroganza. Non c’è da stupirsi però, che un personaggio che chiude le università e fa sparire studenti e professori non allineati non conosca Erodoto. Visivamente parlando poi, il film non si discute: Snyder utilizza la tecnica del “crush”, intensifica il nero in modo da modificare il contrasto con le tonalità calde e trova un meraviglioso livello di saturazione del colore, una vera e propria gioia per gli occhi, che ben si amalgama con l’abilità fotografica di Larry Fong, direttore della fotografia conosciuto ai più per il suo splendido lavoro nella serie Lost.

Da qualsiasi angolatura lo si guardi quindi, un film sopra la media, sia che si scelga il lato storico che la confezione tecnica, un prodotto che in un solo weekend ha incassato negli USA 72 milioni di $, un cifra che permetterà a Snyder di mettere in lavorazione un altro capolavoro della graphic novel: Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons. Visto il risultato finale di 300, c’è da mettersi seduti e aspettare con una certa impazienza.
24 marzo 2007

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