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e (ancora per poco) sulla pagina del vecchio dominio

CRONACHE DA VENEZIA 2011

Sezione in riallestimento (spiacevole sbavatura), doverose scuse senza scusanti. Rimettiamettiamoci, per ora, alla vecchia (ma completa) versione
(è possibile che in alcuni casi sia necessario sostituire il dominio "com" con "it" nella barra degli indirizzi)
A cura di Davide Ticchi

REGIA: Darren Aronofsky
CAST: Ellen Burstyn, Jared Leto, Jennifer Connelly
SCENEGGIATURA: Hubert Selby Jr., Darren Aronofsky
ANNO: 2000

THE FOUNTAIN OF HORRORS

Clint Mansell inietta il suo requiem. Dal silenzio allo strazio. Crescendo musicale di scioccante potere acustico. Crescendo visivo di scioccante efferatezza stilistica. Donna si chiude a chiave in una stanza. Ragazzo malnutrito e dallo sguardo pallidamente incazzato le ruba il televisore. Mamma! Mamma! Schermo tagliato in due. Rapporti infranti. La chiama ancora così. Ma quando vediamo qualcuno gridare “mamma” ad una vecchina impaurita è perché questi è un ladro, un pazzo criminale uscito da qualche falsata “bad taste” americana(ta). “Tutto si aggiusterà”. E invece no cara nonnina, tutto andrà a rotoli. Archi sovrapposti. Harry, il figlio ladro, pazzo criminale, è in realtà una vittima di un sistema ladro e psicotico. Impegna il televisore di sua madre per farsi. Eroina. Anfetamina. Metamfetamina. Astinenza. Caffeina. Dieta. Pompelmo. Televisione. Allucinazione. Tutto è utile per farsi, alienarsi e ricominciare. Harry ha il sogno di aprire un negozio di vestiti. La sua ragazza Marion di progettarli e prepararli alla vendita. Il loro amico Tyrone, complesso edipico o atroce rimorso, di farsi e continuare a farsi con una scatoletta di cartone piena zeppa di banconote. Il giro perfetto. Arricchirsi spacciando, senza sforzo, con le spalle coperte. Comparire in televisione con un bel vestito rosso. Senza dieta. Pillole. Verdi la mattina. Viola a pranzo. Blu per cena. Rosse prima di andare a letto. Arancio, la tintura dei capelli. Ora c’è un motivo per alzarsi dal letto la mattina. Senza marito né figlio. La televisione. Accudire sé stessi e rovinarsi. Fallire per delle pillole. Non ci si sente male. Non si viene licenziati. Non si divorzia. Non si deve riconquistare la fiducia dei figli. Siamo tutti drogati, di televisione, di sesso, di droga, di sintetico, di realtà, di materialità. Chi grida “mamma” lo fa rivolto ad una tossicomane. Chi ha un bel lavoro, una bella ragazza e aspetta un nipotino. Ma di fronte a sé ha solo un coglione con della merda infetta nel braccio. Beccare la vena. Non sbagliare. Bruciarsi. Godere. Beccare la vena. Avere la scimmia. Quando scoppi ti aspetta l’astinenza. Soffri. Culo contro culo. Per drogarsi ancora. Per raggomitolarsi sul divano stringendo tra le mani una cazzo di dose. Ancora una. Ancora una dose per favore. Perdere la dignità per una fottuta dose ancora. Perdere il braccio per non farsi più. Ma voglio ancora una dose perdio! Perdere i neuroni sotto elettroshock. Ma voglio ancora televisione. WE GOT A WINNER! C’è un vincitore! C’è… un vincitore! Il fallimento! IL FALLIMENTO! Di una società alla frutta. Di dottori che si riempiono le tasche di centoni con la malattia dei propri pazienti. Scatola vuota. Non c’è più un soldo. Requiem for a dream. Il sogno è svanito. L’incubo anche. Rassegnazione. Apatia. Per una vita che non può più offrire un cazzo. “Sporco negro spaccati la schiena!”. Razzismo. Dolore altrui. Dolore. Sono cazzi tuoi. Nessuno ci pensa a te, se non te stesso. Aronofsky lo sa. Lo sa meglio di chiunque altro. Lo dimostra meglio di qualunque Boyle o Akerlund. Aronofsky è autore di un film composito. Terribilmente intelligente. Videoclipparo(?). Porcamente cinematografico. Sbatte in faccia tutto. Frame di mezzo secondo. Frame di mezzo secondo. Entrambi stomachevoli. Entrambi schifosamente reali. Abusa come un drogato della sua roba. I mezzi che ha li sfrutta appieno. Fino all’overdose. Forma all’usufrutto del contenuto. Funzionale allo schifo che c’è in giro e di cui lui va a caccia. Imbraccia la mdp e filma. Lo fa con ricercatezza. Fa recitare i “suoi” con un ardore raro a scovarsi in altri lidi. Dove non c’è merda. Pillole verdi. Prati verdi. Pillole rosse. Tramonti plastificati. Pillole rosa. Corpi ipocritamente intrecciati. Pillole viola. Vestito cangiante. Vene viola. Infezione. Sangue che scorre nei tubi. Tubi aperti. Fontana.
Chissà se sarà all’altezza di questa maledetta finestra che si apre sul mare. Su un sogno che non c’è. Che è ancora allucinazione.
Aronofsky ed Ellen Burstyn qui superano sé stessi. Li ritroveremo insieme. Che il fallimento e la redenzione li uniscano ancora una volta nel sacro vincolo del grande cinema. Quello che della deiezione, fa un vero prodigio.

15 agosto 2006

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