FUTURE FILM FESTIVAL 2008: RE-INVENZIONE

A cura di Pierre Hombrebueno & Davide Ciriello

Essere stato un punto di riferimento da parte di fanatici/nerds/otaku/semplicipassanti per così tanto tempo non bastava più. Al 10 ci vuole una svolta e pure una maturazione, un allargarsi dei respiri e delle proprie portate: si è sempre sé stessi, è ovvio, ma stavolta più grandi. Volevamo già molto bene al Future Film Festival di Bologna, ma quest’anno il compenso è stato seriamente oltre ogni nostra aspettativa possibile. Capiamoci: il 2008 segna la Miglior Edizione degl’ultimi anni, complice soprattutto la scelta di elaborare finalmente un Concorso Lungometraggi, non solo per regolare in modo meno dispersivo le varie sezioni, ma anche per risaltare al meglio quelle Opere che meritano maggior attenzione e approfondimento mentale/percettivo/gustativo. E allora lo diciamo chiaro e tondo: la visione globale del Concorso è una perla dietro l’altra, con film belli-bellissimi se non addirittura Capolavori, come è il caso del vincitore, 5 centimeters per second di Makoto Shinkai, evocazione di massimo grado, animazione che senza tentare di emulare (anzi, distaccandosene quasi totalmente) i filoni più celebri di Miyazaki/Otomo/Kon, riesce ad essere contemporaneamente unico e innovativo, sia per la perfezione (ed invenzione) visiva, sia per l’argomento trattato, così fuckin’ emo, non semplice fantasia ma specchio poetico di un vissuto esistenziale e scavante di sensi ormai astratti anche se continuamente sentiti e profondi, ormai indelebili. Quasi come se il nuovo FFF voglia essere rappresentato proprio dalla poetica di Shinkai, che pur rimanendo in quel territorio che sta fra sogno e immaginato, riesce anche e soprattutto a svolgere i propri sguardi sulla memoria del vivere (aver vissuto/star per vivere), in un tirare il bilancio esistenziale di un trip infinito e maestosamente potente, ormai lucido (seppur naif), adulto e consapevole.
Eco-sistemi di spazi battenti cinefilia, di gioia per la scoperta e la qualità di tante opere altrimenti invisibili se non inesistenti (almeno per la nostra immaginiteca mentale), e che hanno preso vita sul telone bianco ritornato finalmente nuovo mondo (nuovi mondi) di scoperte ora più lineari e abbracciabili che mai. Quasi nessun nome celebre, addirittura l’anteprima attira-commercialità si riduce ad un solo titolo, quel Aliens vs Predators 2 in proiezione notturna a mezzanotte (noi, causa sonnolenza e troppa pienezza di “altro”, non c’eravamo), ma in compenso abbiamo avuto Tekkonkinkreet di Michael Arias, solamente da amare per quel suo sapore di mai-visto-primad’ora, il suo neo contaminare i territori dell’animazione (non più solamente) giapponese, così epico e toccante, incisivo e fantasmatico. Abbiamo avuto Ben X di Nic Balthazar, già trionfante al Montrèal Film Fest, e salutato con applausi sinceri anche dal FFF, un esordio ancora misfatto ma ormai forte abbastanza da stupire, da scavare, gioiosamente imperfettissimo. Ma se il Future non ricerca il glamour, figuriamoci la perfezione; ciò che il Festival Bolognese fa è dare il privilegio ai suoi spettatori, il privilegio di ritornare confusi in mezzo a quella chiarezza impercettibilmente imprendibile: il dono della nascita di un nuovo caos, di un nuovo correre tra un posto e l’altro della città in tentativo di prendere una fetta di quel tanto di riflesso e nuovo che scorre e scorrerà. Abbandonata la sede storica del Cinema Capitol, il Festival dilata le sue figurazioni in più punti dispersi(vi) ma uniti, dove probabilmente la maggior tristezza è il vedere le sale quasi mai piene (anzi), fatto che ci fa perdere un po’ di fiducia nell’umanità, ma che non può non riempirsi di Amore per il Cinema quando partono le prime immagini di un’opera come Nocturna di Adrià Garcia/Victor Maldonado, o Film Noir di D.Jud Jones/Risto Topaloski, due film opposti in Fuori Concorso, ma ancora una volta i due rovesci della stessa medaglia che è il Future Film Festival: fanciullino e fatalismo, classicismo e futurismo, fantasia e realtà, ormai tutto approvato, bollato, concepito con elaborata grazia. La Manifestazione bolognese è consapevole di essere cresciuto e maturato, e compie il vero passo autoriale, proponendosi in struttura rinnovata e novità nel selezionamento delle pellicole (dunque, nuovo cercare e mettere immagini e sentimenti, sensi ed emozioni), senza però dimenticare di mantenere quel tocco che rende il Future Film Festival unicamente il Future Film Festival, inconfondibile seppur ora più che mai in movimento e quindi inintercettabile: come di consueto, all’ottima selezione cinematografica si uniscono intere sezioni collaterali dedicate alle serie animate televisive, sia orientali (con i nuovi lavori di Mizushima Seiji o Takamatsu Shinji) che occidentali (fra i tanti, le prime puntate della nuova stagione di Southpark e The Boondocks).
Ciò fa del FFF un binomio automaticamente gioiello, contemporaneamente cinefilo e otaku, intellettuale e nerd, retrò e cool. Fra parentesi, ciò che abbiamo sempre amato.
Non è affatto poco. Anzi, è massima gioia euforica, soprattutto ora che stiamo vedendo il bebè divenuto bambino, ormai quasi in via di diventare adolescente nel suo aver compiuto 10 anni. Ancora un po’ e cominceranno anche le paranoie auto-distruttive in perfetto Teenage angst style. Ed è soprattutto ciò che stiamo attendendo, perché saranno ancora una volta colpi senza pietà dritti al cuore, che fanno male ma che proprio per questo restano indimenticabili ed eterni.

 

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(25/01/08)

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