POSITIF: UN SITO DI CINEMA ET AFFINI

 

HOMEEDITORIALEVISIONIBOILINGFOCUS

SGUARDIREPORTINTERMEZZOARCHIVIO - REDAZIONE

 

 

 

ENGKWENTRO

REGIA: Pepe Diokno
SCENEGGIATURA: Pepe Diokno
CAST: Felix Roco, Daniel Medrana, Bayang Barrios
ANNO: 2009

 

A CURA DI PIERRE HOMBREBUENO


VENEZIA 09’: SENZ’APPUNTI SU ENGKWENTRO DI PEPE DIOKNO

Ne abbiamo accennato in Editoriale. Pepe Diokno, 22enne filippino, (giunti a questo momento storico mai più giusto) uno dei nuovi volti della New wave filippina (loro, si, gli alieni, esistono davvero, non sono leggende metropolitane), un giovincello uscito dal Campus Universitario per poi ritrovarsi alla Mostra del Cinema di Venezia insignito del Premio Orizzonti nonché della Miglior Opera Prima (vincendo sul Lebanon di Samuel Maoz, sput!). Film interessantissimo Engkwentro, a cominciare dalla scelta stilistica di girare i suoi 60 minuti di durata in un illusorio piano-sequenza nudo e senza implicazioni concettuali: Pepe Diokno, al contrario di Louis Nero e Sokurov, è prima di tutto un pragmatico, e la scelta di girare in long shot ha scopo principalmente narrativo e magnetico. Egli bracca i suoi personaggi, standogli incollato attimo per attimo, l’azione è sempre pulsante, e perciò lo stacco è vietato; come un documentarista invisibile finito magicamente in mezzo alla miseria e la merda dei ghetti filippini, Diokno sanguina Cinema militante, un’ implacabile resistenza, e necessariamente gl’occhi devono rimanere siglati all’immagine, senza battere ciglio, pena il perdersi un fluo di momento che si rivela nella sua sublimazione lì, in mezzo al caos, tra il nulla e l’addio. Engkwentro ha la forza ideologica del miglior cinema veritè, e, volontariamente o meno, ripercorre anni di Cinema libero e low budget, dalla poetica del pedinamento così cara al Neo-realismo, fino ovviamente ai primi film della nouvelle vague, che ha in comune con Diokno quel senso d’appartenenza (ed immersione) al mondo, al plein air, un Cinema scheletro che abbraccia la luce naturale delle ambientazioni, nonché le sue imperfezioni perché quando decidi di tuffarti nel mondo (e soprattutto: in piano-sequenza), non puoi pretendere di averne il totale controllo: ecco allora le aggressioni agl’occhi e alle nostre percezioni, scene in cui siamo irrimediabilmente in difficoltà a capire cosa diavolo stia accadendo, come quei momenti d’inseguimento tra i vicoli sempre più bui ed invisibili degli slums, in cui i personaggi stessi si trasformano in ombre, in cui dal freddo pavimento finisci scaraventato nei tetti fra casette crollanti. E’ il caos, e d’altronde, Engkwentro altro non è che esattamente un film sul caos. Non è Cinema che usa la macchina da presa per mettere ordine al fenomenico, bensì l’esatto opposto: il Cinema come testimone, anzi, come testimone ultimo di vite frantumate. Tutti muoiono in questo inferno, tranne l’occhio della macchina da presa, unico e vero vigilante libero d’esistere e di registrare, diffondere, nonostante morte e censura, paura e confusione. Il Cinema come ultima e unica bandiera della libertà espressiva. Anche per questo, Engkwentro non è solo un’opera sociale girata con stile, ma è anche purezza cinefila. Films are our resistance.

 

ARTICOLI CORRELATI:

 

- SGUARDI: INTERVISTA CON PEPE DIOKNO

 

(24/09/09)

 

 

 

www.positifcinema.com   – all rights reserved – 2009