ACCIDENT
REGIA: Soi Cheang
SCENEGGIATURA: Kam-Yuen Szeto, Lik-Kei Tang
CAST: Louis Koo, Richie Ren, Michelle Ye
ANNO: 2009
A CURA DI NICOLA CUPPERI
VENEZIA 09’: NOIR IN PARANOIA
La banda è composta da quattro elementi: Trippa, lo Zio, la Donna e Cervello che
come facilmente si evince è il gran capo. La banda ha una caratteristica
peculiare, che come facilmente si evince non è l'abilità nel creare bei
soprannomi bensì la capacità di eseguire un omicidio su commissione riuscendo
a farlo spacciare per un incidente. Così, a ogni nuovo incarico, il
meccanismo ben oliato dei quattro killer si mette in moto: un brain storming
per decidere le modalità (se non sono astruse non ci piacciono) e qualche
settimana di prove e
appostamenti per avvicinarsi il più possibile all'esecuzione perfetta. E poi
via, arriva il momento in cui l'ingegno dell'uomo sembra raggiungere le vette
di onnipotenza del kaos riuscendo a manipolare a proprio piacimento il
destino di più persone. Ma giunge, inevitabile, il momento in cui il destino
si riprende ciò che il piccolo arbitrio umano, peccando di arroganza, tentava
di sottrargli. La banda ha appena concluso senza troppi intoppi l'ennesima
missione quando un autobus, apparentemente senza controllo, rischia di
investire Cervello e uccide Trippa (il povero Lam Suet, che nei film di Soi
Cheang finisce sempre ammazzato piuttosto in fretta e nelle maniere
peggiori). Al che Cervello, vero e unico depositario della filosofia
anti-entropica sopra delineata, leader freddo e asettico, glaciale e calcolatore,
si trova a ridiscendere nell'antro della paranoia, che già l'aveva accolto
anni prima quando l'amata era deceduta in un incidente stradale: allora come
adesso la convinzione di Cervello è che qualcuno, non si sa come o perché, si
sia servito del suo stesso metodo per eliminare prima la compagna e per
tentare, ora, di ucciderlo. Cervello entra in una spirale di ossessione e
paranoia che già in parte gli apparteneva, dovendo badare a ogni singolo
dettaglio di intricatissimi piani d'azione, ma che mai era arrivata a
pervadere la sua esistenza in maniera così totale. La prima persona che
sembra poter avere un minimo movente nei suoi confronti diventa
pretestuosamente il nemico da combattere e abbattere.
Mostruosa prova di Soi Cheang che,
alla decima regia in carriera, finalmente cala l'asso sfondando a calci il
portone dei grandi Festival occidentali. Voci di corridoio affermano che
proprio Accident è stato fortemente
voluto da Muller che l'ha
considerato la miglior pellicola presente nel concorso ufficiale
dell'edizione appena passata. Difficile, arduo e francamente vana idiozia
dargli torto: in un'edizione dal concorso ipertrofico come questa (cos'erano,
25 film in concorso?) la qualità fisiologicamente si distribuisce. Il
risultato è: nessun dieci, qualche insufficienza, una sola vera perla. E
sapete già di chi stiamo parlando. Da queste parti Soi Cheang è nella lista dei venerabili già da molto tempo. Nel
2004, con Love Battlefield, c'ha
fatto drizzare le antenne; con Hidden
Heroes c'ha fatto ammazzare dal ridere. Con Dog Bite Dog c'ha fatto dislocare la mandibola da tanto siamo
rimasti a bocca aperta; che poi abbia gettato tutte alle ortiche con l'ultima
mezz'ora o meno sono screzi redazionali facilmente superabili. Fatto sta che
il buon Pou-Soi Cheang ancora non
aveva fatto il salto di qualità per far rizzare i peli sulle braccia a chi di
solito si eccita, che so, per l'ultimo Lars
Von Trier. Proprio come Johnnie To,
che in Accident interviene in veste
di produttore, anche il buon Soi ha
faticato anni per avere in mano uno script decente (ovviamente dopo aver
passato il primo lustro abbondante della sua carriera in mezzo a pessime
marchettate e film su commissione). Gli stessi Love Batterfield e Dog Bite
Dog mancavano del classico centesimo per arrivare al dollaro di Hong
Kong: l'uno per rispettare i classici canoni del genere poliziesco si perdeva
in un continuo accumulo di climax, l'altro sprecando i primi fantastici tre
quarti del film per andare incontro a un pre finale che sembrava preconizzare
l'orribile fontana di Aronofsky.
Con in mano una sceneggiatura solida, firmata a quattro mani dai soliti
impronunciati perché impronunciabili,
Soi mette in moto una macchina pressoché perfetta andando oltre la
fantasiosa, originale e divertente idea di partenza per dare vita a un film
che spicca il volo sopra il genere da cui trae le file, godendosi, peraltro,
un Louis Koo in grande spolvero nei
panni di Cervello. Grandi applausi.
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